Flora e fauna, di Gilda Manso

Autore: Gilda Manso
Titolo: Flora e fauna
Editore: Wojtek
Traduzione: Antonella Di Nobile
pp. 166 Euro 16,00

di Fabrizia Gagliardi

Il mostruoso e l’eccezionale hanno radici profonde, lì dove il sogno incontra il misticismo e l’immaginazione. Non hanno mai carattere di aberrazione, ma svelano stupore ed elevano all’oblio che è poi la vera tentazione mostruosa dell’uomo.
In fondo le narrazioni archetipiche formalizzano l’oralità e la scrittura tramandate dalle favole greco-romane – dove lo studio del mondo aveva a che fare con piante e animali che rappresentavano virtù umane – fino ad arrivare ai fregi e ai bestiari medievali che, nelle cornici e nelle immagini finemente realizzate da miniaturisti e artisti, trasmettevano insegnamenti biblici e morali.
Solo dal titolo Flora e fauna (traduzione di Antonella di Nobile, Wojtek Edizioni, 2022) Gilda Manso attinge a tutto il sostrato di tradizione e conoscenze universali. Ma al contrario dei confini della cornice di un manoscritto o delle sfumature di una tela, l’unico limite dell’autrice è l’uso delle parole per configurare una brevissima microfinzione.
Nei racconti della raccolta accade che il margine fisico della pagina diventa uno strumento formale e stilistico, un rischio estremo se non maneggiato abilmente. Proprio come intendeva Cortázar che in Alcuni aspetti del racconto (scritto teorico contenuto in Bestiario) parlava di «alchimia» come risultato dalle immagini che sono all’origine della «profonda risonanza» di un grande racconto:

 

Lo scrittore di racconti sa che non può procedere in modo accumulativo, che non ha come alleato il tempo; la sua unica risorsa è quella di lavorare in profondità, verticalmente, tanto verso l'alto quanto verso il basso dello spazio letterario. E questo, che cosi espresso sembra una metafora, esprime tuttavia l'essenza del metodo. Il tempo del racconto e lo spazio del racconto devono essere come condensati, sottoposti a un'alta pressione spirituale e formale per provocare quella «apertura» a cui mi riferivo prima.

 

Viene così a mancare l’accumulazione di dettagli, che solitamente rafforza il tempo di un romanzo, e subentra la selezione, il taglio netto e la cura a circoscrivere senza chiudere.
In fondo sono proprio i continui rimandi di Gilda Manso alla grande diversità di temi e protagonisti, e alla ricorsività degli stessi in letteratura, a stabilire un ulteriore piano di lettura che la collega alla grande tradizione del racconto moderno di Cortázar e Borges.
Tuttavia, ogni pericolo di sterile emulazione svanisce perché, servendoci ancora una volta della teoria del racconto precisata da Cortázar, il narratore si muove in un ambiente circoscritto, una «sfera» di cui conosce perfettamente il raggio e le ampie volute. Lavorando dall’interno verso l’esterno «come nel caso di chi modellasse una sfera di argilla», l’autore la porta alla sua massima tensione. Le sfere di Gilda Manso cambiano continuamente il centro e, di conseguenza, si muovono in diversi universi costruiti e distrutti repentinamente.

 

Mi svegliò il camion della spazzatura, e gli uccellacci insonni che starnazzavano fra i rami del tiglio. Pensavo di poter tornare ad addormentarmi, ma per strada, pro­prio di fianco alla mia finestra, passò la vecchia suonata che vive di fronte, quella che alleva colombi sul cavo del­la luce, insultando il suo seguito di cani pazienti; forse urinavano troppo lentamente. Mi svegliai quasi senza ri­medio, dormicchiando a tratti, dieci minuti al massimo.
(da Rumore di scorpioni).

 

Sembra impossibile racchiudere in poche righe l’essenza dei circa settanta racconti o individuare un unico filo rosso. Eppure vale la pena citare alcune geniali trovate che spiazzano il lettore nel giro di poche righe. Come Il maestro, per esempio, che parte dall’espediente della mitologia della fenice per poi spostare inaspettatamente la sua eredità alla bambina protagonista. In Racconto con drago cattivo la tipica fama della creatura viene capovolta ironicamente; in Mitologia il protagonista ha inventato dèi, ha conferito loro poteri e ha smembrato se stesso per dare una forma, fino a quando le divinità non hanno più creduto al loro creatore. In Gulliver nel paese della mia vasca da bagno il famoso gigante è invece un lillipuziano che sbuca dallo scarico della vasca da bagno per chiedere di non usare più candeggina.
Personaggi conosciuti e mitologie secolari sono gli ingredienti principali di Flora e fauna che rendono continuamente partecipe il lettore richiamando l’immaginario comune e, allo stesso tempo, ci tengono a spiazzarlo con lo stravolgimento e la deformazione.
Prevale su tutto la sensazione che l’autrice abbia chiarissimo il mondo circostante e che conosca la sfera nella sua interezza, ma che si stia concentrando solo su un momento, una scena nel continuo fluire delle immagini e degli universi paralleli.
La riduzione delle battute, inoltre, rende ardua qualsiasi via di fuga verso il livello di intensità e tensione desiderate in un racconto. In effetti il lavoro di limatura non sarebbe niente senza la combinazione di tempo e spazio condensati per offrire la migliore apertura al lettore. Ancora una volta torniamo alle parole di Cortázar: «Ciò che chiamo intensità in un racconto consiste nell'eliminazione di tutte le idee o le situazioni intermedie, di tutti i riempitivi o le fasi di transizione che il romanzo permette e addirittura esige».
Non mancano racconti fugaci che riducono all’osso o annullano qualsiasi dettaglio circostante per concentrarsi su un epilogo inaspettato. In Scene del crimine, per esempio, c’è una conclusione ironica della vicenda di un fotografo di oggetti protagonisti di delitti; in Nemmeno per strada la voce narrante sconsiglia l’ambiente pericoloso della strada per poi chiedere aiuto per pulire l’assassinio appena compiuto; in Stagione invernale una modella sceglie la via più tragica per seguire la moda dei corpi senza vita.
Oltre a una selezione di dettagli significativi e alla resa stilistica che impreziosisce la messa in scena, Gilda Manso è in grado di assegnare parte del lavoro d’immaginazione alternativamente al lettore.
È proprio grazie al gioco di scambio, al ribellarsi a qualunque regola codificata della finzione, che l’intelligenza e la sensibilità di una narratrice del genere permettono di andare oltre lo scarno aneddoto visivo e letterario, oltre un’immaginazione canonica per poi allenarla a sfociare nelle infinite possibilità del fantastico.