di Fabrizia Gagliardi
C’è chi dice di voler essere la psicologa di Murata Sayaka, altri confermano con convinzione il soprannome dell’autrice («Crazy Sayaka»), altri ancora si esprimono con un semplice «Mind blow».
In effetti, le recensioni di Parti e omicidi, l’ultima raccolta di racconti dell’autrice giapponese pubblicata da Edizioni e/o (traduzione di Gianluca Coci), non sono particolarmente elaborate e non richiedono grandi giri di parole per riassumere la sensazione dominante: un senso di straniamento tra orrore e curiosità.
In un futuro indefinito il governo giapponese ha adottato il Sistema di parti e omicidi: per risolvere il problema del calo demografico uomini e donne possono scegliere di diventare “gestanti”. Coloro che portano a termine, con successo, dieci gravidanze, guadagnano il diritto di uccidere una persona a loro piacimento (la persona scelta rientrerà a sua volta nella categoria sociale dei “morenti”). La protagonista, Ikuko, non è del tutto d’accordo con il presente perché fa parte della generazione che ha vissuto un passato in cui l’omicidio era condannato. Tuttavia, nella sua diversità, non si oppone alla norma e comprende che il nuovo ordine offre una possibilità di riconoscimento alla sorella, da sempre emarginata:
Io sento lontani da me sia il mondo di prima che quello di adesso. Il mondo cambia sfumatura a poco a poco, all’interno di un tempo sconfinato, e, per quanto il passato sia agli antipodi rispetto al presente, tutto resta sempre collegato come milioni di tonalità in una stessa cartella di colori. Ecco perché la “normalità” del mondo di oggi non è altro che un istante.
Come nella precedente raccolta di racconti, La cerimonia della vita, lo sguardo di chi scrive espande solo uno dei possibili risvolti del mondo. L’equilibrio di coloro che credono di essere nel giusto, o che hanno decretato cosa è normale e cosa non lo è, può essere sconvolto da un momento all’altro.
In Triade, per esempio, una ragazza scopre i piaceri di una relazione a tre e rimane sconvolta quando la normalità ampiamente tollerata prevede, al contrario, una relazione a due. Un matrimonio pulito racconta di una coppia di sposi che desidera un figlio, ma che ha concordato di non avere rapporti sessuali.
Vita, morte, sessualità, sono i temi che l’autrice dispone su un foglio bianco lasciando al lettore il pensiero di svilupparli. La prosa estremamente precisa e metodica diventa quasi un reportage clinico che amplifica il senso di distacco emotivo. La scelta di un linguaggio sobrio e diretto contribuisce a creare un'atmosfera inquietante, dove la normalizzazione dell'orrore quotidiano diventa palpabile.
Il percorso verso l’alienazione dei suoi personaggi è iniziato gradualmente con La ragazza del convenience store, la storia di Keiko, una ragazza che rifiuta le aspettative sociali per dedicarsi ai ritmi di un konbini. Nel 2021 è poi arrivato I terrestri, romanzo in cui la protagonista è alla ricerca di un luogo in cui sentirsi casa, ed è convinta di essere stata contattata dagli alieni che costituiscono una via di fuga da una società cieca e spietata.
In effetti, la voce di Murata Sayaka si fa notare tra gli sguardi orientali che offrono percezioni nuove agli occhi dell’Occidente, come hanno fatto autrici come Mieko Kawakami e Matsuda Aoko o gli emergenti come Bora Chung con Coniglio maledetto.
In piena coerenza con la cultura nipponica, dove è lodata la capacità di rispettare il proprio posto all’interno della società e dove il gruppo, la forza lavoro unita da un obiettivo comune, scoraggia qualsiasi possibilità di elevazione del singolo, i personaggi di Murata Sayaka sono spesso ingranaggi in balia di un sistema più grande. Incarnare le contraddizioni della società in cui vivono e tentare di opporsi non è sempre sinonimo di una vera e propria opposizione morale. Ecco perché durante la lettura è frequente la sensazione di assenza di profondità emotiva e di eccessivo distacco.
L’invito dell’opera è mettersi in ascolto all’interno del cambiamento inaspettato – anche quando ci sono tracce, per quanto piccole e innocue, nel tempo presente –, vestire i panni di chi discrimina o di chi è discriminato e chiedersi cosa si sarebbe disposti a fare se all’improvviso si passasse dalla parte della minoranza.
Il gioco della distanza critica da ogni narrazione non propone una rivoluzione, ma suggerisce di spostare l’attenzione verso chi a quella rivoluzione si è arreso. Nessun protagonista è coraggioso o particolarmente innovativo, i nascosti e gli emarginati subiscono il presente fino ad accettarlo, consapevoli che si tratta di un momento nell’infinita casualità dell’esistenza umana.
In fondo, le storie di Murata Sayaka parlano alla normalità di tutti smuovendola con la lente della distopia: chi di noi sarebbe in grado di alzare la testa e risalire le maglie della propria solitudine per reagire?