di Fabrizia Gagliardi
Avete mai sentito parlare di Gerald Murnane? La figura dello scrittore australiano sembra tormentata dall’oblio che affligge qualsiasi autore favorito al Nobel per la letteratura. In effetti, è un traguardo che non ha ancora raggiunto, probabilmente perché nelle sue opere si rintraccia uno stile unico e introspettivo che genera nel lettore un giudizio claudicante.
Avrebbe tutti i requisiti per ambire a questo titolo, ma sembra essersi formato nella solitudine di un continente isola. A lui interessa un’introspezione dilagante, calibrata alternativamente dall’eleganza del periodo e da una macchia d’olio che appanna la direzione della storia e il ritmo della narrazione.
Eppure, le opere di Murnane non sono nuove nel panorama editoriale italiano; ci aveva pensato Safarà Editore a portare in Italia i lavori più iconici: il memoir Qualcosa per il dolore. Memorie dal mondo dell’ippica e Le pianure, entrambi tradotti da Roberto Serrai.
Per completare la conoscenza di Gerald Murnane o chissà, iniziare proprio da qui, arrivano per la prima volta in Italia i racconti di Corpi idrici, pubblicati da La Nave di Teseo con la traduzione di Elena Malanga.
Come sempre accade alla prova della forma breve, la raccolta offre un'introduzione perfetta all'universo letterario di Murnane: un approccio narrativo che gravita ossessivamente intorno all'interiorità, all'esplorazione della memoria e alle possibilità infinite dell'immaginazione.
Ne L’entroterra di Gaaldine l’autore svela gradualmente la propria natura, il suo rapporto con la narrativa e con l’idea di un personaggio-autore. Durante la lettura si percepisce la tensione che esiste tra il desiderio di raccontare storie e la difficoltà di esprimere la complessità dell'esperienza umana a partire da una prospettiva che sarà sempre inquinata dal sé.
Ho letto molti testi nella mia vita: molti più di quanti non ne abbia scritti. Ogni volta che leggo un testo ho un’immagine del personaggio che ha fatto in modo che il testo venisse alla luce: l’autore implicito, come lo chiamo io. Quest’immagine fantomatica del personaggio è il risultato della lettura di alcuni dettagli all’interno del testo. Spesso, leggendo un testo, mi ritrovo a non fidarmi dell’autore implicito e scopro che lui o lei non mi piace. Non appena mi succede una cosa del genere smetto di leggere. Leggendo altri testi scopro che l’autore implicito mi piace e che mi fido di lei o di lui. Quando mi succede una cosa del genere vado avanti a leggere e a volte mi sento così vicino all’autore implicito che mi pare di capire perché abbia scritto quel testo. Leggendo le pagine della ventiquattrore mi è parso di capire che l’autore implicito di quelle pagine – la persona che ha scritto quelle pagine nella mia mente – le abbia scritte per evocare nella mente dell’uno o dell’altro lettore o lettrice l’una o l’altra immagine di un personaggio che al lettore o alla lettrice pare più simpatico.
I racconti presentano personaggi complessi, plasmati dal cambiamento, per lo più intrappolati tra il presente e il passato, la cui vita interiore viene svelata con una lentezza meditativa e un'attenzione quasi ossessiva per i dettagli. In questo flusso si intrecciano spesso i temi dell'ansia, dell'imbarazzo, della vergogna e della gioia, trattati con una precisione disarmante. Murnane esplora con disciplina e raffinatezza i segreti sepolti nella mente, catturando l’attenzione del lettore con uno stile che, a tratti, sa essere dolce e brutale nello stesso tempo.
Nel racconto che dà il titolo alla raccolta, il protagonista diventa una pellicola di ricordi: le sovrapposizioni temporali della sua vita sono immagini scaturite da un dettaglio visivo. Il luogo che accoglie un’installazione chiamata corpi idrici ricorda la forma di un cuore umano intravisto dal disegno di un gioiello; il gioiello porta il ricordo dei cataloghi di bigiotteria posseduti dalle sorelle del padre; l’adagiarsi di una collana sul décolleté di una donna; l’immagine della scollatura e di un reggiseno rivelato al fratello del protagonista in una delle tante case abitate durante l’infanzia.
In Primo amore un misterioso viaggiatore reitera la capacità di raccontare diverse storie mentre scrive dallo scompartimento della carrozza di un treno. Il risultato si allontana da un esperimento stilistico alla Esercizi di stile di Queneau e si avvicina alla misurazione di quanta esperienza simulata è in grado di creare un'interiorità unica e immobile.
Vi scrivo dallo scompartimento della carrozza di un treno. Davanti a me e un po’ più in alto rispetto ai miei occhi una strada chiara attraversa la cima sabbiosa di una collina. Sulla strada c’è un’auto ferma: un’auto con la capote e i finestrini laterali fatti di un materiale duro e color ocra che non è vetro. Vicino all’auto c’è un uomo. L’uomo ha folti baffi, e un panciotto e la catenella di un orologio sotto la giacca. Si trova fra me e una macchia sfocata di dune, mare lontano e nuvole caliginose. Ai piedi dell’uomo c’è una scritta che copre tutta la strada nella sua ampiezza: Warrnambool e Lady Bay.
Vi scrivo dallo scompartimento della carrozza di un treno. Davanti a me, esattamente all’altezza dei miei occhi, una prateria ocra sale e scende, si gonfia e si affloscia e si sposta di continuo da sinistra a destra. Sulla destra la prateria scompare, fra impennate e avvallamenti, dietro il cappello di feltro grigio con una piuma di pavone nel nastro, il volto rasato e l’abito a tre pezzi di un uomo di sette anni più giovane di me. Sulla sinistra la prateria ocra si rinnova di continuo, ma l’uomo con la piuma di pavone nel nastro del cappello mi dice che da dove si trova lui riesce a vedere la fine delle pianure di Keilor e l’inizio del monte Macedon.
Non è un caso che i critici di Gerald Murnane spesso ricorrano al racconto del suo stile di vita, come a voler provocare un confronto incredulo. L’autore non ha mai viaggiato in aereo né ha mai lasciato l'Australia, non ha mai avuto un senso dell'olfatto, non possiede una televisione, guarda raramente film, non frequenta gallerie o musei, non indossa occhiali da sole, non sa nuotare, non sa usare una macchina fotografica, non ha mai utilizzato un computer e non naviga su internet.
Ciò che rende Murnane unico è il modo in cui è riuscito a dimostrare una fantasia così sconfinata a partire dalle sue esperienze intenzionalmente limitate. Il suo progetto artistico cerca di rappresentare, nei minimi dettagli, la sua specifica prospettiva sul mondo.
Tutti i racconti si posizionano ambiguamente tra narrativa e saggistica perché il contenuto attinge alle sue esperienze personali, poco convenzionali e quasi anacronistiche.
Come rilevato dal Guardian molti fan di Murnane considerano la noia una parte cruciale della sua estetica. Ben Lerner sostiene che «le frasi di Murnane sono piccole dialettiche di noia e bellezza, piattezza e profondità», e il piacere di leggerle deriva proprio da questa oscillazione tra noia e splendore visionario. C'è un languore nella sua scrittura che rende i suoi libri sia piacevoli che unici, ma per apprezzarlo è necessario che i lettori siano aperti a esperienze letterarie insolite.
La sua opera ha suscitato ammirazione a livello internazionale, pur rimanendo più controversa in patria, perché sembra essere vittima del cosiddetto cultural cringe. Nel campo degli studi culturali e dell'antropologia sociale, il termine si riferisce a un complesso di inferiorità interiorizzato in cui le persone liquidano la propria cultura come inferiore rispetto alle culture di altri paesi.
Alcuni critici considerano Gerald Murnane un genio, altri trovano il suo stile troppo esoterico e criptico per i lettori comuni. Questo contrasto emerge anche nell’accoglienza di Corpi Idrici, una raccolta che richiede un lettore paziente, disposto a immergersi in un flusso di coscienza, senza aspettarsi narrazioni lineari o finali risolutivi.
Lo stile di Murnane, con le sue ripetizioni ipnotiche e l'attenzione minuziosa agli stati d’animo, viene paragonato a quello di scrittori come Proust e Beckett, ma con una qualità profondamente visiva e spaziale.
I racconti di Corpi Idrici non cercano di risolvere misteri o di fornire risposte definitive, piuttosto tentano di evocare domande e riflessioni. Parte del successo di Murnane risiede nella sua capacità di mitizzare le fascinazioni apparentemente banali, una vita qualunque e quotidiana che tutti abbiamo a disposizione.
Come sottolineato dalla Chicago Review of Books, la narrativa di Murnane ha una qualità "liquida", un po' come i corpi idrici che danno il titolo alla raccolta: fluisce da un’immagine all’altra, da un ricordo all’altro, senza una direzione chiara, ma con una logica interna che diventa evidente solo a chi è disposto a seguirla fino in fondo.
Al centro delle sue narrazioni c’è sempre una profonda riflessione sull'atto stesso di scrivere e di ricordare. L'autore non racconta semplicemente storie, ma sembra voler analizzare come nascono, come si formano nella mente, come si legano ai paesaggi interiori e ai ricordi. Questo lo rende un maestro dell'introspezione, capace di esplorare infiniti territori emotivi. Tuttavia, proprio questa attenzione ossessiva ai dettagli mentali e psicologici può risultare alienante per alcuni lettori, che potrebbero trovarlo eccessivamente cerebrale o stilisticamente impenetrabile.
Murnane non offre risposte facili, ma invita il lettore a intraprendere un viaggio nella propria mente, nei propri ricordi, nei propri sogni. Come osservato da The Paris Review, la sua scrittura è un'arte solitaria, una sorta di avanguardia domestica che resiste alle etichette e alle convenzioni del mercato editoriale.
In conclusione, Corpi Idrici di Gerald Murnane è una raccolta affascinante e impegnativa, che richiede una lettura attenta e riflessiva. È un libro che non si accontenta di raccontare storie, ma cerca di esplorare l’atto stesso della narrazione, con uno stile unico che può incantare o frustrare, ma che di certo non lascia indifferenti.