di Fabrizia Gagliardi
Tutti noi sappiamo come si esercita il potere. Se non ne abbiamo idea, possiamo riconoscerne le conseguenze quando lo abbiamo subìto o lo abbiamo impartito.
Quasi nessuno riesce a spiegare come perderlo, perché molto spesso il mio valore – non ben identificato e scarsamente percepito – è una tacca sull’asticella immaginaria dell’altrui. Mi identifico in quello che qualcun altro può darmi o può togliermi, concedendomi qualcosa (lavoro, sesso, riconoscimento sociale) o mancando il profitto atteso, in una spirale continua di dipendenza reciproca.
Una cosa è certa: tale reciprocità forzata dal prevaricatore non è accordo, ma puntuale negazione del riconoscimento dell’altro.
In un quadro che è tragicamente attuale i racconti di Joyce Carol Oates in Dammi il tuo cuore (traduzione di Rino Serù, La nave di Teseo) arrivano come una pugnalata.
Lo scontro tra il realismo e la mancanza di percezione della finzione portano in primo piano una sensazione straniante: i dieci racconti potrebbero essere dieci pezzi di cronaca, e cioè ricostruzioni – non-fiction attenta nello stile e seducente nel susseguirsi di eventi – che provocano il dubbio di trovarsi davanti A sangue freddo di Truman Capote.
A un uomo come papà, e forse come Deek, è concesso un certo potere: spegnere una vita, come potresti fare (se ti sentissi cattivo e nessuno stesse guardando) schiacciando una farfalla con le ali rotte che si sta agitando vicino al tuo piede, oppure permettere a una vita di continuare.
In Strip poker una ragazzina rimane coinvolta nel gioco sempre più minaccioso di un gruppo di uomini. L’epilogo che il lettore pensa di intravedere, tuttavia, non avrà conseguenze così scontate.
Nelle storie della Oates i bambini e gli adolescenti sono il capovolgimento della norma e lambiscono sfumature gotiche. Sono molto simili a creature come elfi o streghe, dotati di un’innocenza melliflua, con una comprensione del mondo degli adulti che oscilla tra l’ingenuità e l’inquinamento dell’animo. In loro si percepiscono i semi dei pensieri seducenti e pericolosi del lasciarsi andare: queste piccole figure sondano e quasi desiderano la forza delle mani che li solleva come se nulla fosse, lanciano occhiate per scimmiottare il gioco della seduzione. Succede anche a Miriam in Da nessuna parte che, con le sue scorribande in compagnie maschili nella sperduta contea di Westchester, è tormentata dall’affetto dolce e ossessivo per il padre in prigione e per una madre che avverte distante.
Anche in questo caso la scrittura della Oates lascia la firma distintiva e sempre riconoscibile nella sua sterminata produzione. Come in L’altra te e Un’educazione sentimentale l’autrice abbraccia la complessità delle relazioni umane e sonda le profondità delle emozioni più oscure. Tutto passa attraverso la capacità di creare personaggi vividi e plausibili immersi in ritmi di pensieri crescenti e ossessivi.
Nel racconto che dà il titolo alla raccolta una lunga lettera di una donna rivolta a un amante del passato snocciola gradualmente scene di vita spiata dell’uomo.
Ne Il primo marito un uomo si fa prendere dalla fissazione per l’ex marito dell’attuale compagna. La sua indagine partirà da innocenti fotografie del passato, ancora conservate dalla moglie, sulle quali immaginerà risvolti erotici e ossessivi che lo porteranno sulle tracce dell’altro.
Nelle crepe di una vita densa di appuntamenti, l’ossessione per Oliver Yardman crebbe nello stesso modo in cui l’erbaccia più resistente fiorirà in un terreno scarsamente accogliente per la vita vegetale. [...]
Provò a immaginare quanto spesso Valerie sfogliasse le Polaroid nel cassetto della scrivania. Quanto frequentemente, addirittura quando erano stati freschi fidanzati, aveva chiuso gli occhi per richiamare alla mente il suo primo marito, la viziata bocca imbronciata, le mani impudenti, il pene duro pulsante sangue che non si afflosciava mai, nemmeno quando lei giaceva senza fiato e ansimante tra le braccia di Leonard dichiarando di amare lui.
Dal momento della scoperta settimane prima, a novembre, aveva cercato altre foto. Non nell’album che Valerie custodiva con apparente sincerità e orgoglio coniugale, ma nei suoi cassetti, negli armadi. Nelle regioni più remote della grande casa, dove le cose venivano riposte nelle scatole. Pensando, sagacemente, che il fatto di non aver trovato nulla non significasse che non c’era niente da trovare.
La raccolta è percorsa da una coerenza tematica, un filo conduttore di angoscia e desiderio in cui ogni racconto è un viaggio emotivo, una sfida alla percezione della realtà e una riflessione sulle distorsioni che risiedono nei recessi della psiche umana.
Oates esplora l'amore, il dolore e la perdita in modo crudo e senza compromessi. Le sue narrazioni sono intense e a tratti disturbanti, ma è proprio questa intensità che cattura l'attenzione del lettore e lo costringe a confrontarsi con la gamma completa delle emozioni umane.
Inoltre, Oates dimostra di essere una maestra nel far emergere le complesse dinamiche delle relazioni. La sua prosa è descrittiva, ricca di dettagli e si serve di metafore cangianti e indimenticabili:
Valerie, mordendosi il labbro inferiore, contraendo il volto come la Giuditta di Caravaggio mentre è intenta a staccare la testa del malvagio re Oloferne, riuscì a inserire la lama affilata, eseguire le necessarie incisioni, completare il taglio così che la carne potesse adesso essere aperta come le pagine di un libro. (tratto da Il primo marito)
La sua ossuta testa da ragazzo era stata rasata, come per esporre la sua vulnerabilità, fragili strati di ossa craniche sui quali un cuoio capelluto, arrossato per eruzioni cutanee e bernoccoli, sembrava essere stato calzato di precisione come la pelle di un tamburo. Una testa molto brutta, aborigena, rozzamente scolpita nella pietra e dissotterrata da secolari strati di terreno. (tratto da Tetano)
La lunga esperienza nel muoversi in narrazioni variegate, sia per genere che per forma narrativa, le permette di evocare in poche battute alcuni trucchi per trasportare il lettore direttamente nel cuore di ogni storia: i salti temporali anticipano o ritardano qualcosa che avverrà solo alla fine, l’ipotassi accelera e accresce la tensione delle scene.
Dammi il tuo cuore è una raccolta di racconti che affronta il baratro dell'esperienza umana con onestà e intelligenza. L’autrice riesce a catturare l'essenza delle emozioni in modo crudo e a offrire una prospettiva che, sebbene a volte scomoda, è incredibilmente autentica. Un'opera che chiede al lettore di scrutare le proprie paure, desideri e oscure passioni, lasciando un'impronta indelebile nella mente di chi si avventura in questo viaggio letterario.