Il rapporto di Ogata Ryōsai, di Ryūnosuke Akutagawa

Il rapporto di Ogata Ryōsai
di Ryūnosuke Akutagawa

Di recente, nel mio villaggio, i seguaci del cristianesimo stanno confondendo le menti delle persone con la loro dottrina dannosa e malvagia. Ecco perché ho deciso di denunciare quanto ho visto e sentito, con la speranza che le autorità possano presto adottare i provvedimenti del caso.
Allora, il VII giorno del III mese di quest’anno Shino, la vedova di un contadino di nome Yosaku, è venuta da me supplicandomi di visitare sua figlia Sato, una bambina di nove anni gravemente malata. Shino, la terzogenita del contadino Sōbei, si è sposata dieci anni fa, rimanendo vedova poco dopo la nascita della figlia. In seguito alla morte del marito non ha voluto legarsi a nessun altro, riuscendo comunque a sopravvivere tessendo e facendo altri piccoli lavori che poteva svolgere in casa. Sennonché, abbagliata chissà da cosa, dopo il trapasso del marito si è convertita al cristianesimo e ha iniziato a frequentare con assiduità un certo padre Rodrigo, un prete che abita nel villaggio accanto al nostro. Per questo è incorsa nel biasimo generale, e qualcuno ha cominciato a denigrarla lasciando intendere che fosse diventata l’amante del prete. Suo padre, Sōbei, e i suoi fratelli hanno cercato in tutti i modi di farla rinsavire ma lei, sostenendo che nessuno è più degno di venerazione del dio cristiano, si è rifiutata di ascoltarli e, dimenticando perfino di visitare la tomba del suo defunto marito, ha continuato insieme alla figlia ad adorare mattina e sera un amuleto a forma di piccola croce che lei chiama «crocefisso». Ecco perché i suoi familiari hanno smesso di frequentarla, e perché in paese si è iniziato a vagliare la possibilità di bandirla.
Trattandosi di una persona del genere, quando è venuta da me per chiedermi di visitare la figlia, io le ho risposto che non potevo assolutamente farlo. Quel giorno lei se ne è andata in lacrime, ma il giorno seguente è tornata a trovarmi per dirmi che se avessi acconsentito a visitare la figlia, lei mi sarebbe stata riconoscente per tutta la vita. Io ho continuato a rifiutare, e allora lei, non accettando la mia decisione, si è prostrata in lacrime nell’ingresso della mia abitazione e, con una voce carica di rancore, mi si è così rivolta: «Le condizioni di mia figlia sono gravi. Perché non volete visitarla? Non capisco. Non è forse compito di un medico curare chi è malato?».
«Ciò che dite è vero, − ho risposto. − Tuttavia la mia decisione di non aiutarvi non è infondata. Se posso essere sincero, non mi piacciono i vostri modi, soprattutto quando accusate me e gli altri abitanti del villaggio di essere posseduti dal demonio solo perché veneriamo kami e buddha. Se la vostra fede è quella giusta e voi siete così pura, perché chiedete a un uomo succube del diavolo come me di curare vostra figlia? Non dovreste forse rivolgervi alla divinità in cui adesso credete? Se davvero desiderate che io visiti vostra figlia, prima dovete rinunciare alla fede cristiana. In caso contrario, continuerò a negarvi la mia assistenza, anche perché, per quanto la mia professione mi imponga di essere compassionevole, anch’io temo la punizione che le mie divinità potrebbero infliggermi»
Shino è rimasta ad ascoltarmi in silenzio dopodiché, incapace di ribattere, è tornata a casa triste e sfiduciata.
All’alba del giorno seguente, il IX del III mese, è iniziato a piovere con una tale intensità che per le strade del villaggio non si vedeva anima viva. Verso l’ora del coniglio Shino si è presentata di nuovo alla mia porta per rivolgermi la medesima supplica del giorno precedente. Non avendo l’ombrello, era bagnata come un pulcino.
«Anche se sono un semplice medico, sono un uomo di parola −, ho ribadito. − È una decisione difficile, lo so, ma dovete scegliere: o rinunciate al vostro dio o alla vita di vostra figlia!».
Udendo quelle parole Shino ha iniziato a sragionare e, prostratasi più volte davanti a me a mani giunte, con la voce rotta dal pianto mi ha implorato: «Avete perfettamente ragione, ma se abbandono la fede cristiana, il mio corpo e la mia anima saranno dannati per l’eternità. Vi prego, abbiate pietà di me. Acconsentite, almeno per questa volta, a visitare mia figlia».
Nonostante pratichi una confessione eretica, il suo amore per la figlia era così sincero che ho provato pietà per lei. Non potevo però permettere ai sentimenti di ottenebrare il buon senso, quindi ho ribadito con assoluta fermezza che non avrei visitato la figlia fino a quando lei non avesse abiurato. Shino mi ha fissato per alcuni attimi con un’espressione indescrivibile, dopodiché è scoppiata in lacrime e si è gettata ai miei piedi a mani giunte, per supplicarmi. A quel punto con un filo di voce ha pronunciato qualcosa che, a causa del rumore della pioggia, non sono stato in grado di comprendere. Per tre volte l’ho pregata di ripetere quanto aveva detto, e alla fine ho capito che, pur a malincuore, avrebbe acconsentito ad abiurare. Quando poi le ho detto che avevo bisogno di una prova che lo dimostrasse, lei, senza dire una parola, ha estratto dallo scollo del kimono la croce, l’ha posata sulle assi di legno che rivestono l’ingresso e in silenzio l’ha calpestata tre volte. Non sembrava particolarmente turbata, e aveva anche smesso di piangere; ciononostante fissava la croce che aveva sotto i piedi con lo sguardo di chi ha la febbre molto alta, la qual cosa ha fatto rabbrividire sia me sia il mio aiutante.
A quel punto, essendo riuscito a farle accettare le mie condizioni, il mio aiutante si è messo in spalla la cassetta dei medicinali e tutti insieme ci siamo incamminati sotto una pioggia torrenziale verso la casa di Shino. Sato era coricata in una stanzetta molto angusta, con il cuscino rivolto verso sud. Era sola, e delirava a causa della febbre alta. Con le sue piccole e graziose manine non faceva che tracciare in aria il segno della croce, ripetendo senza sosta la parola «Alleluia»: sembrava farneticare, ma era felice e radiosa. Shino, seduta in lacrime accanto al giaciglio della figlia, mi ha spiegato che «Alleluia» è un’invocazione simile al nenbutsu che i cristiani usano per rendere omaggio al compassionevole amore del loro dio. Ho visitato immediatamente la bambina, e non mi ci è voluto molto per capire che era affetta da una forma molto grave di febbre tifoide. La malattia era in uno stadio così avanzato da indurmi a pensare che la bambina non sarebbe arrivata al giorno seguente. Quando l’ho detto alla madre, questa ha perso il lume della ragione e, prostrandosi a mani giunte ai miei piedi e a quelli del mio aiutante, ha ripetuto più volte:
«Se ho abiurato è stato solo perché ero certa che in questo modo avrei salvato la vita di mia figlia. Ma se morirà sarà stato tutto inutile. Se riuscite a capire la sofferenza che mi dilania per aver voltato le spalle a Dio, fate in modo di salvarla!».
Quello che mi chiedeva travalicava le mie capacità. Per fortuna aveva smesso di piovere; così, dopo averla rassicurata che aveva preso la decisione giusta, le ho dato tre bustine di decotto. Mentre stavo per tornare a casa, Shino si è aggrappata a una manica della mia veste per impedirmi di andarmene. Le sue labbra si muovevano come se cercasse di dire qualcosa, ma senza riuscirci. Pochi istanti dopo è impallidita e ha perso i sensi. Trasecolato, con l’aiuto del mio aiutante ho provato a farla rinvenire. E difatti poco dopo si è ripresa, ma era troppo debole per alzarsi e, in un mare di lacrime, ha detto:
«A causa della mia superficialità, ho perso mia figlia e il mio dio!». Ho cercato in tutti i modi di consolarla, ma visto che le mie parole non sortivano l’effetto sperato e che non avrei potuto fare nulla per salvare la figlia, accompagnato dal mio aiutante mi sono incamminato verso casa. Quello stesso giorno, poco dopo l’ora del montone , sono andato a visitare la madre del capo villaggio Tsukagoshi Yazaemon, da cui ho appreso che la bambina era morta e che la madre, per il dolore, era uscita di senno. Secondo le parole del capo villaggio, sembra che Sato fosse deceduta un’ora dopo che l’avevo visitata e che Shino, già verso il primo quarto dell’ora del serpente , andasse in giro come una pazza stringendo tra le braccia il corpo senza vita della figlia salmodiando a voce alta una incomprensibile preghiera occidentale. Tutto era avvenuto sotto gli occhi di Yazaemon e di tre contadini del posto, Kaemon, Tōgo e Jihei, per cui i fatti dovevano essersi realmente svolti nel modo in cui mi erano stati riportati.
Dalle prime ore del giorno successivo, il X del III mese, ha iniziato a cadere una leggera pioggia, ma nella seconda parte dell’ora del drago i tuoni della primavera hanno lasciato spazio al bel tempo. Yanase Kinjūrō, un samurai del villaggio, mi ha inviato un cavallo affinché lo potessi raggiungere nella sua abitazione per un consulto medico. Io sono salito subito in groppa, ma quando sono giunto davanti alla casa di Shino sono stato costretto a fermarmi perché un gran numero di persone bloccava la strada e inveiva contro preti e cristiani. Senza smontare da cavallo ho guardato allora verso l’abitazione della donna vedendo, di fronte alla porta d’ingresso spalancata, un occidentale e tre giapponesi. Indossavano tutti una tonaca nera e, mentre stringevano in una mano il crocifisso e nell’altra un oggetto che sembrava un incensiere, acclamavano il loro dio intonando all’unisono la parola «Alleluia». Ma non solo: Shino era riversa in terra, come svenuta, davanti ai piedi dell’occidentale: aveva i capelli in disordine e tra le braccia stringeva la figlia. La cosa che più mi ha colpito è stato vedere che Sato, le mani strette attorno al collo della madre, intonava con la sua voce infantile una volta il nome della madre e l’altra l’esclamazione «Alleluia». Non posso affermarlo con certezza, visto che mi trovavo a una certa distanza, ma ho avuto l’impressione che Sato avesse un bel colorito e che ogni tanto staccasse le mani dal collo della madre per cercare di afferrare il fumo che fuoriusciva da quella specie di incensieri.
Sono smontato da cavallo e ho chiesto alle persone lì presenti di raccontarmi i particolari della sua resurrezione. Sono venuto così a sapere che quella mattina padre Rodrigo, insieme a tre diaconi, aveva lasciato il proprio villaggio per presentarsi a casa di Shino. Dopo aver ascoltato la confessione della donna, hanno iniziato a pregare, hanno acceso uno strano incenso e hanno spruzzato su madre e bambina dell’acqua consacrata. Poco dopo la donna si è tranquillizzata e Sato è tornata in vita, mi hanno riferito tutti con evidente sgomento.
Nel corso della storia, non sono state poche le persone tornate in vita dopo la morte. Nella maggior parte dei casi, però, si è trattato di morti causate da malattie febbrili e da etilismo. Non è mai accaduto che una persona malata di tifo, come Sato, sia tornata in vita. Ormai è chiaro che il cristianesimo è una dottrina diabolica, e credo che i tuoni primaverili che hanno iniziato a rimbombare quando padre Rodrigo è arrivato nel villaggio possano essere interpretati come un segnale di quanto il Cielo disdegni questo prete.
Quel giorno Shino e sua figlia hanno abbandonato il villaggio per trasferirsi in quello di padre Rodrigo. Subito dopo, Nikkan, l’abate del tempio Jigen, ha ordinato che la loro casa fosse data alle fiamme. Ma di questo vi avrà di certo informato il capovillaggio Tsukagoshi Yazaemon, per cui non mi dilungherò oltre. Se in futuro dovessi rammentare particolari che ora mi sono sfuggiti, sarà mia premura comunicarveli con un secondo rapporto. Non ho altro da aggiungere.

Il XXVI giorno del III mese dell’anno della scimmia
Villaggio di Uwa della provincia di Iyo
Il medico locale: Ogata Ryōsai