Arrivederci, di Marzia Grillo

Giulio Perrone Editore porta in libreria Il punto di vista del sole, di Marzia Grillo. Una raccolta che dimostra una scrittura di forte impatto, solida e di grande acume letterario. Il reale e il fantastico si fondono in questi tredici racconti, in cui Marzia Grillo osserva con sguardo chirurgico il mondo da prospettive tanto umane quanto meccaniche e celesti, giocando e mischiando tutte le forme narrative.

Cattedrale vi propone uno dei racconti contenuti nella raccolta, per gentile concessione dell’editore.

Arrivederci

Fino a un mese fa gli aerei in partenza facevano un rumore sottile, metallico; alzavano il muso, acceleravano un poco, e via. Adesso le piste d’atterraggio sono impolverate, con mucchietti di anime rimasti incastrati alle torrette, in attesa dei corpi. Di’ loro di svolazzare piano. Di’ che tra due giorni comincia a fare caldo, siamo in un mese con la R: suggerisci di fare attenzione.
Il tuo era stato l’ultimo volo in partenza. Avevi il singhiozzo quando mi hai detto ciao. Quando hai guardato in alto e sussurrato: «Le rondini», e io voltandomi ho risposto: «Ho l’acquolina in bocca».
Il motto dell’aeroporto è: ogni rondine fa primavera. Nei periodi giusti, all’ingresso le vendevano a mazzetti, a chili nel parcheggio. I barbecue facevano un fumo del diavolo, erano ovunque. Chi non desidera una rondine arrosto per souvenir?
«I biscotti della fortuna non hanno grandi traduttori, dovresti mandare il tuo curriculum», avevi detto prima di partire. Eravamo seduti sugli sgabelli di Wok, al Terminal 2 di Fiumicino. Tenevi il biglietto davanti agli occhi. In inglese c’era scritto: “Se gli aerei stringono i denti, tagliagli le ali”. In italiano: “Chi non parte si rivede”.
Mi avevi strattonata come fossi di cartone. «Riuscirò ad andarmene, hai capito?». Avevi suonato con le bacchette sul tavolino. «Sono raggiante», avevi insistito, lo sguardo fisso sul tabellone sopra la mia testa. Negli ultimi giorni le stazioni avevano interrotto il servizio, le auto avevano iniziato a sbocciare lungo i marciapiedi, impollinate dai droni. Non volevo tornare a casa, continuava a sembrarmi una trappola. Mi avresti ritrovata al gate a tempo debito, con lo stesso sorriso spacciato.
A un tratto però è sembrato che il mondo si stesse fermando per sempre, e gli aeroporti non avessero più alcun senso. È stato allora, poco prima che tutti se ne andassero lasciandomi sola, che un impiegato con la mascherina ha provato a tracciare una tacca sul muro, laddove arrivavo. Io non riuscivo a stare ferma, lui non riusciva a fare una linea retta. Con un sorriso mesto si è complimentato, ha detto: «La tua anima sta decollando».
Ma tu non torni, e i negozi qui sono chiusi da settimane.
I banchi dell’accettazione non accettano, i nastri trasportatori non trasportano. Io ho fatto mille volte il giro di tutte le cartoline di Roma, attraverso le grate: piazza Navona gremita, la basilica di San Pietro affollata, il Colosseo animato da leoni in 3D.
Ieri, vicino ai computer a gettone, ho trovato una di quelle macchinette che stampano biglietti da visita. Ho digitato “Aspetta e…”, selezionato l’opzione fronte/retro, completato la frase. Ne ho preparati cento, li ho piegati ad arte e li ho lasciati davanti alla serranda di Wok, senza curriculum.
Sto per finire le sigarette, ma ho ancora dieci fiammiferi. La fiducia si guadagna, ma la pazienza a un certo punto si perde. Chi tra i due ha studiato Economia?
Questa mattina le rondini non mi hanno dato tregua, così ho firmato un patto con loro, lo abbiamo siglato e poi abbiamo ballato forte, sulla pista da cui sei partito. Abbiamo apparecchiato con le tovaglie a quadri, ci siamo legate i fazzoletti dell’arrivederci al collo. I barbecue stanno già fumando. Io sto fumando l’ultima delle mie sigarette. Presto o tardi tornerai, e saremo pronte a divorarti.