Quattro novelle sui rattristamenti di Adrian N. Bravi è uno dei libelli pubblicati da Edizioni Volatili.
Una casa editrice che si occupa di esoeditoria, ovvero un'editoria che si pone all'esterno dei circuiti economici usuali. I loro libri, difatti, curati e illustrati magnificamente, si diffondono esclusivamente attraverso il dono.
«Libri come laboratori, primi confronti, materie pensanti, montaggi e scavi attraverso la carta; libri senza profitto, in tiratura limitata, consegnati agli autori e alle autrici, che ne gestiscono liberamente il transito (esoeditoria); libri evidenti nella loro invisibilità, indirizzati a chi saprà ospitarne l’implicita consegna; libri col solo intento di essere vigilie per una geografia del dopo-diluvio».
L'osservatorio Cattedrale è felice di proporvi la lettura di uno dei racconti della raccolta, per gentile concessione dell'editore.
L’epilettica
Adrian N. Bravi
A casa la chiamavamo l’epilettica, perché un giorno, insieme a mio cugino Kurg, l’avevamo vista stesa a terra all’ingresso dell’edicola di mio zio Rocco, a Grand Bourg, mentre si dibatteva come un pesce dentro un secchio vuoto. Scalciava e faceva degli strani versi, come un animale notturno, e quando le era cominciata a uscire dalla bocca una bava cremosa, bianca come la panna, frutto di qualche sofferenza interiore, Kurg e io ci siamo convinti che il maligno fosse entrato nel corpo di quella donna e se ne fosse impossessato. Di sicuro, pensavamo, ci voleva un esorcista per evitare che si trasformasse in qualche mostro. Invece, è intervenuta un'altra donna del quartiere a cui non importava niente della schiuma che aveva in bocca, le ha preso la lingua, gliela ha tirata fuori e le ha messo un fazzoletto bagnato sulla fronte per fermare le convulsioni.
Noi avevamo circa dodici anni e dopo quella volta la evitavamo sempre quando la incontravamo per strada, evitavamo anche suo marito, che era un signore alto e magro, con una gamba più corta dell’altra; perché, tra l’altro, di sottecchi, quest’uomo, andava in edicola a rubacchiare le riviste pornografiche che mio zio teneva in uno scaffale deputato a quel genere di pubblicazioni. Dunque, chiunque avesse avuto a che fare con l’epilettica o con il marito zoppo, noi l’evitavamo. Forse lei lo sapeva o lo immaginava, perché quando ci vedeva faceva un po’ la sostenuta e ci guardava con palese disprezzo. Comunque, per noi l’epilettica era un’indemoniata (e il marito un cleptomane della pornografia), anche quando si aggirava tranquilla per il quartiere, accanto allo zoppo che a ogni passo si abbassava e si alzava. Ed è probabile che anche noi, Kurg e io, ai suoi occhi, fossimo due ragazzini indemoniati e pieni di odio.
Un giorno l’abbiamo trovata a casa che prendeva il mate insieme a mia madre e a mia zia, in un quartiere non lontano da Grand Bourg. Lei, l’epilettica, ci guardava con un sorriso sornione, come a dire: “Sono qua, sono venuta a sputare sulle pareti di questa casa tutta la schiuma che ho in corpo, prova a mandarmi via, stramaledetto moccioso”. Quando mia madre è andata in cucina, l’ho presa in disparte per dirle:
“Sei matta, come fai a prendere il mate con quella? Ti ho detto che aveva tutta quella schiuma bianca in bocca, e ora tu bevi dallo stesso becco della bombilla? Come ti viene in mente?”
Mia madre mi guardava inorridita, era più spaventata dalle mie parole che non dalla possibilità che quella donna potesse cadere in preda alle convulsioni.
“Ma che dici? Stai zitto! È venuta a farsi accorciare un vestito”.
“E allora, tu devi per forza succhiare lì dove lei ci ha messo la bocca?”
“Ma, zitto un po’”.
Non capiva la gravità del suo gesto e quando le ho ricordato, tra l’altro, che il marito era un cleptomane di riviste, lei mi ha risposto che non erano affari suoi se lo zoppo rubacchiava.
“Ah bene,” le ho detto, “andiamo proprio bene, allora. Quello rubacchia le riviste zozze nell’edicola di tuo cognato e tu, come se niente fosse…”
Non mi ha fatto neanche finire la frase che era tornata dove c’era lei e aveva continuato a prendere il mate insieme.
Un anno dopo, l’epilettica è morta schiacciata da un camion su via El Callao, sempre a Grand Bourg. Aveva avuto un malore ed era andata a finire sulla strada. Nessuno, neanche l’autista, riusciva a spiegarsi come fosse accaduto. Dopo l’incidente, ogni settimana, il marito cleptomane lasciava un rametto di fiori sul ciglio della strada dove era morta la moglie. Aveva messo anche una targa con il nome e la data della disgrazia: Alicia Guzmán, 10 novembre 1975.