Quattro. L'invisibile. Tetra-. Tre nuove realtà che danno voce al racconto

La Redazione di Cattedrale incontra tre editori che negli ultimi mesi hanno dato vita, in modi diversi, ad altrettante realtà che si occuperanno di narrativa breve o lunga, in ogni caso della forma racconto nelle sue svariate vesti: dal racconto breve, a quello lungo alla novella. Attenti, come Osservatorio, ai movimenti e alle nuove formule che si muovono intorno alla narrativa breve, siamo andati a intervistare i tre artefici di queste nuovissime realtà, per porre loro qualche domanda, ma non solo: mettere a confronto le loro risposte, individuare nei loro specifici tratti identitari e lavorativi le peculariaità di ciascun progetto, far emergere il pensiero che indirizza i loro percorsi, ci sembra un buon modo per radiografare lo stato del racconto contemporaneo, in Italia, e, soprattutto, offrire ai lettori sempre più ampi e variegati spazi di lettura.

Abbiamo intervistato
Cecilia Mutti, direttrice editroiale di Nuova Editrice Berti, che ha dato vita a QUATTRO, lo spazio di carta per raccontare storie inedite.
Martino Baldi, direttore di The Florence Review e direttore della neo collana di Industria e Letteratura editore, L’Invisibile, che da spazio al racconto lungo.
Roberto Venturini, direttore editoriale di Tetra-, casa editrice che ogni 4 del mese pubblica 4 racconti di 4 scrittrici e scrittori.

Di seguito trovate l’intervista condivisa.

Buona lettura!



 Prima di tutto, prova a presentarci il vostro progetto con una definizione.

 

Cecilia Mutti: Quattro recupera la nobile tradizione dei racconti su giornale e rivista, un tempo vere fucine di talenti, dedicando uno spazio di carta alla buona scrittura. È un foglio letterario che esce quattro volte all’anno, indipendente, con distribuzione nazionale: per ogni numero, sono selezionati quattro racconti tra quelli ricevuti dai partecipanti al bando.

 

Martino Baldi: Pubblicare una collana di libri brevi con dentro tutto quello che troviamo di solito nei libri lunghi.

 

Roberto Venturini: Tetra- è una sfida. Un progetto nato dalla volontà di avvicinare autori importanti e lettori a un genere, il racconto lungo, inspiegabilmente poco considerato nel panorama editoriale del nostro Paese.

  

Come mai avete scelto come campo di approfondimento proprio la narrativa breve?

 

Cecilia Mutti: Penso che il racconto breve sia un terreno difficile con cui confrontarsi, nonché una palestra utilissima per esercitare la buona scrittura. È una cartina tornasole del talento molto efficace, e per un editore non c’è sfida più grande che scoprire un grande talento, o dare il giusto spazio a un talento dimenticato.

 

Martino Baldi: 1. Perché credo che sia quella in cui c’è al momento un margine di originalità praticabile più ampio; 2. perché è una misura in cui ho una esperienza che penso di poter mettere a frutto; 3. perché per dedicarmi a misure più ampie non avrei avuto altrettanta competenza né tempo a sufficienza; 4. perché posso coinvolgere autori che ammiro ma che pubblicano altrove le loro opere “maggiori”.


Roberto Venturini:
La scelta di concentrarci sulla narrativa breve è la logica conseguenza dell’amore che abbiamo nei confronti del racconto. Genere letterario che è nel dna dei più grandi scrittori del nostro paese  e che è stato in grado di influenzare e contaminare altri media. Si pensi al cinema e nello specifico alla Commedia all’italiana e non solo.

 

 Gli ambiti legati al racconto e alla narrativa breve, fino a poco tempo fa, erano pochi e poco efficaci. Da qualche anno, soprattutto dopo il lavoro specifico di alcune realtà editoriali e del web, si nota un certo movimento intorno al racconto. Come siete arrivati a concepire l’idea del vostro progetto?

 

Cecilia Mutti: Non credo molto nelle antologie collettive, che per anni hanno svilito il racconto, facendolo diventare “raccontino” inglobato in progetti a tema spesso mal concepiti. Tutt’altra cosa sono le raccolte di racconti, che nel caso di alcuni scrittori (per me molto amati) sono dei veri capolavori. Il giornale mi sembra però uno spazio particolarmente felice per accogliere i racconti, più lieve, perché ne valorizza lo scopo primario, ovvero intrattenere il lettore.

 

Martino Baldi: Questo progetto è la confluenza del mio lavoro degli ultimi anni come editor della rivista The Florence Review (ex The FLR) e come direttore del festival “L’anno che verrà”, nonché delle mie passioni di lettore. Volevo fare qualcosa in cui avere maggior libertà rispetto alla rivista, con una misura di lunghezza secondo me più interessante, e allo stesso tempo fare cose con autori che ho imparato a stimare. A una certa età si impara soprattutto che la cosa più importante per la propria qualità della vita è scegliersi bene le compagnie, almeno per me è così.

 

Qual è il tratto specifico che caratterizza il vostro progetto?

 

Cecilia Mutti: I racconti sono valutati dal comitato editoriale in forma anonima: niente scorciatoie, scegliamo i più convincenti con grande, trasparente democrazia.

 

Martino Baldi: Quello che caratterizza “L’invisibile” è ciò a cui ambisce, che è ben raffigurato dal nostro animale totemico nel logo: un cervo che esce fuori dal suo spazio. Il cervo è animale che per eccellenza vive nel nascondimento ma che, quando si manifesta, lo fa con una magnificenza unica e il suo apparire cambia completamente il senso di ciò che lo circonda.  L’apparizione del cervo sconvolge l’equilibrio della nostra conoscenza. Che è un po' quello che fa anche la grande letteratura. Che è un po’ quello che in piccolo vorrebbe fare “L’invisibile”.

Roberto Venturini: Tetra- vorrebbe essere un’arena dove gli autori possano sperimentare con la massima libertà. Non imponiamo una tematica agli scrittori, entro la gabbia delle 50/70 mila battute hanno assoluto campo libero.

 

Raccontateci brevemente una giornata tipo legata al vostro progetto sul racconto: cosa fate, come vi organizzate, come è strutturato il lavoro.


Cecilia Mutti:
Innanzi tutto i racconti ricevuti vengono archiviati, quindi condivisi in forma anonima (senza firme, solo numerati) con il comitato editoriale, che sceglie i quattro migliori. I membri del comitato non si relazionano tra loro, ma a lettura completata si interfacciano con la redazione, che raccoglie le valutazioni.

 

Martino Baldi: Cerco di parlare di persona con gli autori che mi interessano, quindi approfitto delle occasioni come festival, fiere, presentazioni, oppure faccio qualche incursione “a sorpresa”.  Mettiamo a punto insieme un’idea e poi la facciamo germogliare con i tempi che ogni idea richiede, diversi per ognuna, anche in base agli altri impegni degli autori. Mi occupo in prima persona dell’editing e della fase preliminare dei contratti, prima di passarli all’editore Gabriel Del Sarto. Mi relaziono con Alessandro Golfieri, il nostro art director, per mettere a punto la copertina e gli altri aspetti grafici. Se c’è bisogno di una mano in fase di redazione, mi aiuta il nostro esplosivo factotum Demetrio Marra. Da Alessandro Besselva, della rivista “Rumore”, giungono i suggerimenti per la colonna sonora del libro, che è una delle nostre sorprese e, come avrete visto, occupa una paginetta finale del volume.

Roberto Venturini: La linea editoriale è quella di mescolare nelle quartine autori maturi, con alle spalle pubblicazioni con alcuni dei maggiori gruppi editoriali, e le nuovissime voci che si stanno imponendo nel panorama letterario italiano. Inizialmente si contattano gli autori e gli si spiega loro il progetto poi con ogni scrittore si lavora in maniera diversa. Alcuni sviluppano un’idea con l’editor, altri consegnano racconti nella più completa autonomia che vengono editati con particolare cura.

 
Prima di questa nuova esperienza, come vi relazionavate al racconto? 



Cecilia Mutti: Ho sempre amato i racconti, e trovo che abbiano avuto un’età felicissima negli anni Trenta del Novecento. Nella nostra collana delle “Matite” abbiamo pubblicato diversi racconti brevi di autori classici  spesso rimasti inediti in Italia perché considerati produzioni minori. Al contrario, credo possano essere particolarmente evocativi e rappresentativi di un certo immaginario e modo di scrivere. Possano anche diventare un ottimo strumento per avvicinare i lettori più giovani: funzionano come un assaggio, lasciando poi lo spazio per approfondire.

 

Martino Baldi: Sono sempre stato un lettore di racconti ed è anche l’unica forma narrativa che ho sperimentato scrivendo in prima persona. Ultimamente, dico la verità, mi ero un po’ stancato per una certa serialità della proposta, forse per questo ho cercato di creare uno spazio in cui far esistere quello che avrei voluto trovare. In pratica però l’unica differenza cospicua è che non mi ero mai immerso così tanto nelle dinamiche dell’editing del lavoro altrui.

 

Roberto Venturini: Il racconto per me è sempre stato un antidoto per il blocco del lettore. Spesso mi capita di leggere narrativa breve tra una lettura impegnativa e un’altra.

 

 Secondo voi di che salute godono il racconto, e la narrativa breve in generale, nel panorama editoriale italiano?

 

Cecilia Mutti: Purtroppo non buona, e temo sia per mancanza di pubblico: i cosiddetti lettori forti sono in calo, quelli occasionali sono da anni in caduta libera e questo abbassa il livello della proposta, che tende a essere sempre più omologata. Gli scrittori in realtà non mancano, ma non sempre la qualità è all’altezza. Le case editrici più grandi investono sempre meno nel lavoro delle loro redazioni e, per paura di fare buchi nell’acqua, vanno sul sicuro proponendo romanzi e racconti che possano assecondare le mode e i gusti mainstream. Un po’ più di libertà di manovra c’è nella piccola e media editoria, e forse anziché copiare quello che fanno i “grandi” varrebbe la pena rivendicare la propria autonomia e cogliere l’opportunità di scoprire voci nuove, fuori dal coro. A volte anche fuori moda.

 

Martino Baldi: Non così terribile come si racconta. Stanno crescendo nuove iniziative, nascono sempre nuovi spazi sul web e resistono alcune riviste cartacee che danno spazio ai racconti, e nuove ne stanno arrivando. Il racconto è inoltre anche un sempre più frequente strumento di scouting. La nascita di una casa editrice come Racconti non è rimasta un’esperienza isolata e non è un caso se, mentre stavamo ideando “L’invisibile” era in incubazione anche una iniziativa per certi versi simile (e per molti diversa) come il progetto di Tetra. Casomai il problema è quello del “successo” editoriale ma quello è un problema molto complesso, che non riguarda solo la narrativa breve.

 

Roberto Venturni: Esiste una crepa tra l’amore dei lettori italiani e l’offerta dei maggiori gruppi editoriali nei confronti dei racconti. Oggi però qualcosa si sta smuovendo e di questo ne sono felice.

 

Dal vostro punto di vista, qual è l’anello debole nelle dinamiche editoriali (dalla scrittura, alla distribuzione, alla comunicazione) che penalizza il racconto? Dove bisognerebbe intervenire?

 

Cecilia Mutti: Sono tutti anelli di una stessa catena: se mal comunicato, un libro resta invisibile ai suoi fruitori finali, che sono librai e lettori. Il racconto incontra ancora più difficoltà perché permane una certa diffidenza di fronte alla sua brevità e, nel caso delle antologie, all’eterogeneità. Credo che l’unico modo per intervenire sia puntare sulla comunicazione diretta: ci vogliono librai entusiasti e preparati, che consiglino buoni libri e facciano rete con gli editori, e anche i gruppi di lettura sono realtà interessanti con cui confrontarsi. Ma soprattutto bisogna promuovere e riprendere l’abitudine alla lettura nelle famiglie, posando cellulari e tablet qualche volta in più.

 

Martino Baldi: Non saprei, non ho risposte, ho solo qualche dubbio. Penso però che non abbia senso parlare del racconto come una cosa a sé ma in generale del clima generale di proposta e di ascolto, così appiattito negli ultimi anni. L’editore che dice “ah, ma sono racconti, allora non se ne fa niente” è lo stesso che dice a un romanziere “questo romanzo è troppo difficile, non si vende”; il lettore che dice a se stesso “ah, questi sono racconti, allora non li compro” è lo stesso che sceglie le letture in base a chi vince i premi, a chi è ai primi posti della classifica, a quanto è famoso l’autore. Poi c’è, è vero, anche il lettore che nelle proprie corde ha proprio le letture lunghe ma d’altro canto ci saranno anche quelli che hanno nelle proprie corde le letture brevi, quelli che hanno nelle proprie corde la poesia o la drammaturgia. Purtroppo ci muoviamo in un mondo sempre più piatto, in cui l’editoria cosiddetta maggiore sta purtroppo tendendo a rafforzare l’appiattimento facendo scelte sempre meno coraggiose. E la stampa, che altro non è che un braccio dello stesso organismo, contribuisce a un clima non certo favorevole allo sviluppo della curiosità. Insomma se la cantano e se la suonano, ma la canzone sempre più spesso, a mio modesto parere, non è un granché.

 

Roberto Venturini: Esistono pregiudizi insensati attorno alla narrazione breve. Ad esempio il racconto è tacciato di scarsa letterarietà: stupidaggine assoluta. Molti autori amano questo “esercizio di scrittura” e i lettori grazie anche all’educazione alla serialità che viene da altri media gradisco molto questo genere. Probabilmente si dovrebbe lavorare meglio sul piano della comunicazione.

 

 Il vostro nuovo progetto può, in questo senso, aiutare o sostenere il racconto italiano? 

 

Cecilia Mutti: Spero, speriamo di sì. Sia lasciando il terreno libero da ogni logica commerciale o ruffianeria, sia dando spazio a voci nuove, che potrebbero così incontrare l’editore giusto. Speriamo soprattutto di diventare un punto di riferimento, per scrittori e lettori curiosi.

 

Martino Baldi: Non lo so. Il mio obiettivo non è aiutare qualcuno ma fare cose che mi fanno stare bene e dare al lettore la certezza che non stiamo sprecando il suo tempo. Io poi in fondo in fondo non so se quelli che pubblichiamo sono veramente racconti o cos’altro: infatti la collana si chiama, più ambiguamente, “di narrativa breve (ma non troppo)”. Comunque, se un aiuto può darlo, forse è nel sostenere con l’esempio una concezione del racconto come opera ambiziosa e autoportante, e non come la perlina di una collana; la narrativa breve non deve essere confusa con una scatola di biscottini.

 

Roberto Ventuirni: Cercare di pubblicare autori che rappresentano l’eccellenza dell’editoria italiana contemporanea a un prezzo accessibile ritengo sia un tentativo affabulatorio che possa incentivare i lettori ad avvicinarli ancora di più a questo piccolo grande genere letterario. Noi ci si prova.