Come fallire e fiorire negli Usa di Trump, Jeffrey Eugenides

978880468811HIG-312x480.jpg

Questa intervista è uscita su Robinson, inserto de La Repubblica, in data 2/09/2018. Ringraziamo la testata e l’autrice.


di Caterina Bonvicini

Jeffrey Eugenides è diventato famoso per i suoi romanzi, come Le vergini suicide da cui è stato tratto il film di Sofia Coppola, e Middlesex, con il quale nel 2003 ha vinto il Pulitzer. Ma è anche un grande scrittore di racconti, come dimostra il magnifico Una cosa sull'amore, che esce ora in Italia e raccoglie testi scritti negli ultimi trent'anni.

Ho l'impressione che il tema dominante del libro sia il fallimento umano. I suoi personaggi hanno grandi aspettative, ma niente va secondo i piani…

Il giovane che ha scritto Giardini volubili nel 1989 aveva grandi aspettative. Così come l'uomo di mezza età che ha scritto Denuncia tempestiva nel 2017. Tutto è andato secondo i piani? Non esattamente. Ci sono state in mezzo delle tragedie. Sono stati fatti degli errori. L'esperienza della paternità, il divorzio, la perdita dei miei genitori, hanno reso la vita una questione più delicata di quel che credevo. Meno comica, più profonda. Mentre alcune delle prime storie finiscono con un fallimento, le ultime vanno oltre il fallimento e la tragedia, in un luogo dove queste formule appaiono troppo semplicistiche per descrivere la vita. Tutte le vite contengono fallimenti e tragedie. Anche la mia. Solo nella caduta, perdendo praticamente tutto, cominci a vedere chi sei davvero, e ti puoi collocare in quel piccolo posto dell'universo riservato, per fortuna, solo a te. Io penso ai personaggi di questo libro come a gente in viaggio verso quella condizione. Alcuni sono più avanti di altri.

I finali spesso portano alla rovina di un uomo. Ma il racconto si interrompe un attimo prima, la lascia solo immaginare.

Non penso che tutti i racconti entrino in questa categoria ma molti sì, perché era lo stato d'animo che avevo quando li scrivevo, quello di un padre e di un marito che deve gestire la vita familiare, preoccupandosi per i soldi. Ho visto i soldi arrivare e andarsene, nella mia vita. Mia madre è cresciuta nella miseria. Mio padre, cresciuto in una famiglia di immigrati che disponeva di scarsi mezzi, ha fatto una piccola fortuna da solo e poi ha perso tutto. E questo mi ha segnato. So cosa significa andare in bancarotta, le emozioni che si provano e le conseguenze psicologiche che ne conseguono, specialmente dopo aver vissuto nel benessere. Una consapevolezza che incombe su questa raccolta, senza dubbio.

In Posta aerea il protagonista è lo stesso di La trama del matrimonio e in La vulva oracolare si trovano gli stessi temi di Middlesex. Che rapporto c'è fra i suoi racconti e i suoi romanzi?

Ho scritto Posta aerea molto prima di avere anche solo l'intenzione di scrivere La trama del matrimonio. Il nome del protagonista era Mitchell Carambelis. Il racconto era stato pubblicato nel '99 e mentre scrivevo il romanzo me l'ero dimenticato. Sapevo che mi stavo avventurando in un territorio simile, mentre raccontavo la storia di un giovane occidentale che va in India e in Tailandia in cerca di un'esperienza mistica, ma non mi sono reso conto che il nome era lo stesso finché non ho raccolto i racconti. Così ho sistemato la discrepanza cambiando "Carambelis" in "Grammaticus". Mitchell Grammaticus è una specie di mio alter ego. Non sarei sorpreso se un giorno tornasse fuori in un altro libro. La vulva oracolare, invece, è un fuori onda di Middlesex. A un certo punto avevo due versioni del libro, entrambe di cento pagine. Questa storia è la parte non sopravvissuta del manoscritto. È l'unico pezzo di questo libro che non è nato come racconto.

In Great Experiment riserva parole molto dure agli Stati Uniti sotto la presidenza di George W. Bush. Vorrei chiederle di Trump, ma ho letto sul " Guardian" che non vuole entrare in competizione con le sue "vergognose assurdità"…

Vorrei parlare di Trump attraverso Great Experiment. Durante il boom del mercato azionario del 2003- 2006 abitavo a Chicago. Andavo in studio a scrivere tutti i giorni e prestavo poca attenzione all'economia. Eppure, durante quella camminata quotidiana, sentivo nell'aria che qualcosa stava succedendo. La gente stava diventando ricca senza fare granché. Degli stupidi ragazzi che conoscevo facevano fortuna in Borsa. Quello che presagivo era l'esistenza di una bolla, anche se non la pensavo in quei termini. Trasferendo questa sensazione nella scrittura, ho iniziato a chiedermi cosa poteva provare chi era tagliato fuori e non stava godendo i frutti di quell'irrazionale esuberanza. Qualcuno di intelligente. Poteva il rancore portarlo, in una certa circostanza, a una vita criminale? Pensavo di sì, e così ho scritto la storia di un poeta fallito che diventa un criminale. La prima frase del racconto imposta il discorso sul rancore: "Se sei così intelligente, perché non sei ricco?".

In quel racconto cita in modo polemico La democrazia in America di Tocqueville, che diventa il perno della sua riflessione…

Mi chiedevo come si collocava l'esperienza americana in relazione ai suoi ideali iniziali. Io sono cresciuto negli anni in cui gli Stati Uniti erano la maggiore potenza economica del mondo. Gli americani vivevano in larga misura meglio dei loro genitori. E si aspettavano che i loro figli vivessero ancora meglio. In quel periodo, per mantenere una famiglia, bastava che una sola persona portasse a casa la pagnotta. La classe media si espandeva. Oggi non succede più. La disuguaglianza dei redditi è aumentata rispetto agli anni 60. Quello che sorprende Alexis de Tocqueville riguardo all'America, che la rende un paese diverso dall'Europa è "l'uguaglianza delle condizioni" fra i suoi cittadini. Una democrazia che funziona dipende da questa uguaglianza e oggi in America non c'è. Assomigliamo di più a una plutocrazia. Questo è quello che collega i racconti, credo. Sono stati scritti da una persona che è cresciuta in un'America equa e oggi si trova a vivere in un paese meno equo. Qualcosa deve succedere ma è difficile dire cosa e quanta distruzione dobbiamo attraversare per arrivarci. Storicamente, l'America ha avuto tre "risvegli". Ci vorrebbe qualcosa in grande scala per tirarci fuori dall'abisso. E non è nemmeno sicuro che possa esserci un altro risveglio. Ci sono spiragli qua e là, e bisogna avere fiducia nelle nuove generazioni.

Jeffrey-Eugenides.jpg