Come in una metempsicosi. I piaceri di Jane Bowles

Racconti edizioni porta in libreria Piaceri semplici, di Jane Bowles, per la traduzione di Paola Moretti. Una raccolta di racconti in cui vengono raccontati i labirinti ellittici del carattere umano – le fobie, le ossessioni, le paure, le idiosincrasie, i vizi - attraverso lo sguardo di una scrittrice particolarmente competente in faccende relazionali, poco conosciuta ma assolutamente da riscoprire. Forse questi Piaceri semplici – come la scrittura? – alludono in realtà a quel vuoto vorticoso che è in fondo l’altra faccia metafisica della «stanza tutta per sé».

Cattedrale vi propone l’illuminante postfazione di Paola Moretti, per gentile concessione dell’editore.

Come in una metempsicosi

di Paola Moretti

 

Se la scrittura è un’attività che notoriamente implica molta solitudine, la traduzione no. Chi traduce è sempre – a prescindere da che sia vivo o meno – in compagnia di chi ha scritto l’opera originale. Ci si conosce con una prima lettura, poi si entra più in confidenza e si cominciano a capire le preferenze, certi vezzi peculiari, le idiosincrasie e le ossessioni dell’altro. Fino a che non si finisce ad abitare lo stesso corpo. Io, traduttrice, nella mente di chi scrive, seguo i percorsi già tracciati. Lei, scrittrice, nel corpo di chi la traduce, indirizza ogni mio movimento. È in questa modalità che alcuni mesi li ho passati nella testa di Jane Bowles, un luogo certamente bizzarro e dominato dall’ambivalenza. Mi sono trovata ad avere a che fare con un pensiero che è allo stesso tempo brillante e caotico, originale e tortuoso, impulsivo e arguto.
Dell’immaginario di questa scrittrice, ciò che subito cattura il lettore è la voce. Chiara, energica, insolita. Ci si sintonizza sul tono, e in un attimo si viene colpiti dalla forma, che con la sua sintassi scombinata risulta, di primo acchito, piuttosto astrusa. Poi si viene distratti dal contenuto: assurdo. Ma poco a poco tutto torna, ogni elemento riflette la personalità delle protagoniste dei racconti, che sono esseri eccentrici e stralunati, con scarsissima presa sulla realtà. Jane Bowles riproduce un mondo popolato da un’umanità stramba, tragica e dolorosamente divertente, composta in prevalenza di donne che fanno fatica a conformarsi, a adeguarsi a quello che gli altri o la società vorrebbe per loro. Zitelle, lesbiche, madri oppressive, figlie insicure, sorelle asfissianti, bambine tiranniche, donne passionali, meschine, egoiste. Ubriacone. Donne che nonostante la loro grettezza e le loro brutture morali non risultano mai davvero odiose, solo umane e fallibili.
Tanto quanto i personaggi, anche la struttura dei racconti è poco convenzionale: l’evento con la maggior possibilità di generare conflitto viene spesso liquidato in poche righe così che la narrazione possa seguire una tangente inaspettata e dal potenziale comico. Maga dell’ellissi, virtuosa del salto logico e dei monologhi vaneggianti. Umorista impassibile, paladina degli indecisi e della stravaganza, Bowles è una disorientatrice che nei suoi scritti non palesa mai la tragedia, il dramma infatti rimane sempre sulla soglia, senza calcare la scena, i non detti e le allusioni rendono la prosa di questa autrice preziosa, ammaliante e una continua sorpresa.
Per la sua natura così peculiare, specificamente «bowlesiana» della scrittura il mio compito non è stato facile: ero divisa tra la volontà di rispettare il genio linguistico dell’autrice e la necessità di rendere i suoi racconti comprensibili a fruitori di un’altra lingua. È il dilemma davanti a cui si trovano tutti coloro che ricoprono questo ruolo, che consiste nel farsi tramite, strumento, medium attraverso cui lo spirito di un’autrice si esprime in un idioma diverso dall’originale. La traduttrice è un trasformatore di energia creativa. Io spero che quella di Jane Bowles vi irradi e vi risucchi e vi trascini nel suo universo sghembo di ferocia e tenerezza.