Le gemme letterarie di Sarah Orne Jewett: un ritratto

di Debora Lambruschini

Le piccole comunità. La vita quotidiana. Il linguaggio vernacolare. La dignità delle persone. Il rapporto intimo con la natura e la ciclicità delle cose. La rappresentazione non stereotipata del femminile. Il mondo letterario che si dispiega nei racconti di Sarah Orne Jewett fa appiglio su molte delle mie personali “ossessioni” e, una storia dopo l’altra, colpisce il dialogo che intercorre fra queste pagine e moltissime delle narrazioni dell’epoca, da Mark Twain a Henry James o, ancora, Emily Dickinson e Louise May Alcott, per restare al solo nord America fra Otto e Novecento. Eppure di questa scrittrice molto apprezzata dai signori di cui sopra e dal pubblico suo contemporaneo, il lettore di oggi non ha sentito molto parlare, non fuori dai circuiti accademici almeno, schiacciata dal peso del tempo e di una tradizione che ha fagocitato tutto il resto. Da un paio d’anni tuttavia, l’editore Mattioli 1885 ha avviato un attento lavoro di recupero dell’opera di Jewett, di cui ha pubblicato due piccole raccolte di racconti: Il Natale di Betty Leicester e La vigilia di Natale di Mrs Parkins, e il suo romanzo più celebre (Deephaven, che arriverà in libreria proprio a inizio febbraio): ora, non lasciamoci fuorviare dal richiamo al Natale con cui le due raccolte sono state proposte, perché le storie in esse contenute sono piccole gemme che poco o nulla hanno a che fare con le strenne natalizie che affollano gli scaffali nel mese di dicembre. Certo, alcuni racconti sono ambientati nel periodo natalizio, ma la loro valenza letteraria va oltre i confini temporali o commerciali. E basta una manciata di pagine per rendersi conto che, dietro l’apparente semplicità delle storie, si rivela una più complessa stratificazione e conoscenza dell’indole umana e dell’ambiente da cui scaturiscono, il New England in cui ha l’autrice trascorso tutta l’esistenza (nacque a South Berwick nel 1849 e vi morì nel 1909), la vita di provincia e la quotidianità dei piccoli villaggi di pescatori e contadini che influenzarono tanto profondamente la sua scrittura.

 

Non si sente mai parlare di Brookton quando si è lontani da lì, eppure, nonostante tutto, anche laggiù la vita è importante e piena di emozioni come lo è ovunque; ed è come ogni cittadina, un mondo in miniatura, con gente importante e meno importante, gente cattiva e brava gente,
gelosie e rivalità, gentilezza e paziente eroismo.
(“Una cena a tarda ora”, La viglia di Natale di Mrs Parkins, p. 74)

Luoghi che Jewett imparò a conoscere viaggiando al seguito del padre medico e per mezzo di lunghissime passeggiate nella natura nel tentativo di alleviare i dolori causati dall’artrite reumatoide che l’affisse fin dalla giovane età. Se lo sguardo della scrittrice è tutto rivolto alle comunità di provincia come nella più solida tradizione dell’American Literary Regionalism cui la sua opera si inserisce, Jewett conobbe molto bene anche il fermento culturale della città e a Boston frequentò con successo i principali circoli letterari, stringendo amicizie importanti che l’avrebbero accompagnata tutta la vita. Ma sulla pagina non c’è quasi mai spazio per la città, tutto il suo mondo letterario è circoscritto entro i confini di un villaggio, comunità solide fatte di uomini e donne semplici e di gioie e dolori quotidiani ma non per questo meno importanti, forte di quella tendenza regionalista di cui si accennava: ecco quindi che i luoghi e il paesaggio diventano parte integrante della narrazione, i dialoghi si arricchiscono di sfumature vernacolari, le tradizioni e i caratteri peculiari della vita quotidiana entrano nella narrazione; una tendenza che come un fil rouge lega idealmente autori quali J. L. Allen, S. Anderson, Faulkner, Harper Lee, Wendell Berry, Willa Cather, Kate Chopin, Eudora Welty, solo per citarne alcuni, che si esprime negli sketch e nelle short stories come nella poesia e nel romanzo. È chiaro quanto il lavoro di traduzione di opere di questo genere sia particolarmente delicato: nel caso di Jewett è un lavoro a quattro mani, nella prima raccolta affidato a Tonina Giuliani e Marta Viazzoli, nell’ultima ancora a Giuliani insieme a Livio Crescenzi, tutti ottimi interpreti capaci di restituire sonorità, immagini e tratti peculiari di Jewett e nella breve ma fondamentale postfazione inquadrarne l’opera fornendo utili chiavi di lettura con cui avvicinarsi al testo con consapevolezza. E se come è naturale nella traduzione qualcosa vada perduto dell’originale, un lavoro attento come questo diviene importantissimo per i lettori non anglofoni e il mondo evocato da Jewett prende vita sulla pagina:

 

Era una di quelle giornate perfette del New England di fine estate, quando lo spirito dell’autunno fa un primo volo furtivo, come una spia, attraverso la campagna in via di maturazione, e, con una comprensione del tutto simulata per coloro che si sentono oppressi dal caldo d’agosto, lancia il proprio fresco mantello di aria tonificante sulle foglie, sui fiori e sulle spalle degli uomini.
(“Il corteggiamento di Sorella Wisby”, La viglia di Natale di Mrs Parkins, p.105)

 

I racconti di Jewett non sono fatti dell’epica di Steinbeck o di Faulkner e nemmeno dell’intensa drammaticità delle short stories di James Still: sono, piuttosto, fotografia di vite semplici, messe alla prova dalle sorprese del destino, conoscono il dramma e le difficoltà, ma anche la tenacia e la capacità di accogliere il cambiamento, accettare le piccole avventure che la vita gli propone.

Più di ogni altra cosa sono i personaggi femminili a colpire il lettore di queste storie, tanto dell’epoca quanto del contemporaneo: le donne di Jewett, infatti, sono piene di grazia e forza, determinate, escono dalla sfera domestica cui generalmente le si vorrebbe rilegare per avventurarsi nel “mondo” e, soprattutto, molto spesso scelgono l’indipendenza al matrimonio.

 

[…] se una donna ha una bella casa come questa, e sa cavarsela da sola, è meglio che rimanga lì dov’è. Non lasciare mai il certo per l’incerto.
(“Il fidanzato perduto”, Il Natale di Betty Leicester, p. 35)

Ecco dunque che queste storie celano ben più di un racconto pieno di buoni sentimenti da leggere accanto all’albero di Natale, ma si inseriscono a pieno titolo dentro una solida tradizione e la arricchiscono. E arrivano ancora, intatti, a noi lettori contemporanei, grati di una riscoperta di questa portata.