Potendo, li avrei salvati, di Leonard Michaels

Autore: Leonard Michaels
Editore: Racconti Edizioni
Traduzione: Luca Briasco, Roberto Serrai
pp. 588 Euro 26,00

di Fabrizia Gagliardi


«Gli scrittori muoiono due volte, prima nel corpo, poi nelle opere, eppure tirano fuori un libro dopo l’altro, come pavoni che fanno la ruota, uno splendido lampo di colore presto trascinato di nuovo nella polvere.»
In realtà, Leonard Michaels si muove in direzione contraria, con una produzione letteraria poco compulsiva e del tutto misurata.
In Italia, abbiamo avuto occasione di immergerci in un’esperienza narrativa variegata e sorprendente grazie a Sylvia (traduzione di Vincenzo Vergiani, Adelphi, 2016), il tragico memoir intriso di anni Sessanta e Beat Generation, che racconta l’amore folle e ossessivo dell’autore con la moglie Sylvia Bloch; e Il club degli uomini (traduzione di Katia Bagnoli, Einaudi, 2018) un racconto ironico e controverso dell’identità maschile con sette uomini riuniti a condividere esperienze, lontani dal mondo femminile che permea la loro vita.
A dire la verità, la palestra letteraria dell’autore si svolge proprio sui racconti e per la prima volta in Italia, grazie a Racconti Edizioni, abbiamo a disposizione la raccolta completa con l’uscita di Potendo, li avrei salvati (traduzione di Luca Briasco e Roberto Serrai).

«La short story mi pareva molto più profonda e seria del romanzo, per questo la preferivo. Quando si scrive un racconto non sono permessi errori. È una forma pura, magica.»

I trentotto racconti interconnessi tra loro rivelano un percorso di sperimentazione che passa per la revisione ossessiva della lingua e della struttura e per l’indagine di diverse forme narrative come saggi e autobiografie. Potendo, li avrei salvati emerge come un capolavoro ineguagliato eliminando il pericolo di oblio dell’autore e affiancandolo ad autori come Roth e Cheever.
La genesi personale e finzionale di Michaels, figlio di emigrati polacchi, affonda la sua esperienza nel Lower East Side di New York. Vive in un contesto di lingue intrecciate tra yiddish e polacco, le uniche che parlerà fino all’età di sei anni quando, alla musicalità e al ritmo delle prime, unirà la conoscenza dell’inglese. Sarà proprio il talento nella scrittura a permettergli di frequentare la New York University, a conseguire un dottorato in letteratura inglese all’università del Michigan e poi a dedicarsi all’insegnamento con il trasferimento a Berkeley, California.

In effetti, i suoi racconti sono intrisi di esperienze in grandi metropoli sporche, caotiche e confusionarie, che infilano pezzi di trama proiettando la storia in un avanti psichedelico. Mentre ci trasciniamo tra un amico e un corteggiamento, tra sesso e violenza emotiva, proviamo un’infinità di contraddizioni primordiali: i personaggi di Michaels tentano di attrarsi e respingersi senza soluzione di continuità, con un tono spesso ironico, ma anche amaro e disincantato. In Going Places, la prima raccolta di racconti del 1969 che l’ha presentato al pubblico, le cornici che contornano la cruda realtà dell’esistenza umana sono definite da una grande capacità di creare atmosfere e di catturare i dettagli significativi:

Passò a prenderla al suo dormitorio, la portò al cinema e più tardi, nella sua Chevrolet presa in prestito, la condusse in campagna con frasi pesanti e coccodrillesche le comunicò il suo dolore in mezzo al granturco alieno. Lei assisté allo sfogo con rapidi e incoraggianti cenni del capo e guardò le parole che strisciavano oltre i suoi occhi e sentì la forza che si concentrava nei loro faticosi movimenti mentre il Turco si allungava verso di lei e con le labbra ancora impegnate ad articolare le parole imprimeva alle cose un significato indelebile, stuprandola e costringendola a infinite variazioni delle quali non aveva mai sentito parlare, benché fosse una gran lettrice di romanzi d’avanguardia e di commentari filosofici sulla condizione moderna…

 

La scrittura di Michaels è frenetica e immaginifica e anche in un flusso di subordinate riesce a inserire metafore senza perdere la tenuta secca e descrittiva di emozioni e rivelazioni. I protagonisti delle sue storie sono sempre in movimento nel disperato tentativo di sopprimere la solitudine, infrangere le inquietudini e scontrarsi inevitabilmente con figure che tentano di fare lo stesso: sono tutte maschere di incomprensioni e compromessi con il mondo («Accade di rado, ma a volte gli opposti si fondono nelle angolosità divisive di Manhattan e man mano che la dialettica di una contrastata individuazione si faceva più intensa, questi due opposti si fondevano sempre più strettamente»).
Ne è l’esempio Philip Liebowitz, il suo alter ego letterario, protagonista di molti racconti a partire dalla raccolta I Would Save Them If I Could (1975). In Il capitano, per esempio, Liebowitz parteciperà a una festa a casa del suo futuro capo, ma gradualmente tutto si trasforma in un teatro grottesco: la compagna del capo gli offre continuamente incontri intimi, mentre la donna che lo accompagna accetta di essere corteggiata dal padrone di casa.
In Una ragazza con una scimmia, Beard cerca di dimenticare il suo divorzio con un viaggio in Germania dove però non farà altro che riversare la sua solitudine in una dipendenza affettiva per una prostituta.

Come in un sentiero verso la maturità così la scrittura evolve e negli anni di To Feel Things (1993) e A Girl with a Monkey (2000) rallenta, riprende contatto con l’andamento riflessivo dei racconti dei primi anni fino ad arrivare a The Nachman Stories. Le sette storie di Nachman, matematico geniale e scapolo, costituiscono la perla nascosta e antiromantica della raccolta.
In La Penultima Congettura, Michaels esplora le ombre del linguaggio attraverso la sensazione di essere derubati, aggiungendo un elemento di mistero e suspense alla trama. In Crittologia, Nachman viene invitato a New York da una società di crittologia, svelando un mondo oscuro e enigmatico che si intreccia con la sua vita passata.
La complessità delle storie di Michaels è una fusione di abilità narrativa e introspezione psicologica. Ogni parola, ogni virgola, è piazzata con cura, rivelando uno scrittore attento alla forma e al rapporto con la personalità.
In questo intreccio di solitudini, presenze e assenze, coinvolgimento e distanza, emerge la vera essenza dell'autore, con le sue ferite a vista. Michaels diventa un architetto delle emozioni, plasmando personaggi che, nonostante le loro storie uniche, riflettono le sfumature universali dell'esperienza umana.
In conclusione, Potendo, li avrei salvati è molto più di una semplice raccolta di racconti. È un viaggio nel cuore e nella mente di un autore straordinario che trova finalmente il riconoscimento che merita.