Una casa è un corpo, di Shruti Swamy

Autore: Shruti Swamy
Titolo: Una casa è un corpo
Editore: Racconti Edizioni
pp. 203 Euro 17,00

di Modestina Cedola

Non so bene perché, ma la maggior parte delle donne ha una certa camminata, non possono farci niente. Non una camminata spaccona tutta fianchi, e nemmeno qualcosa di delicato. Forse è soltanto dovuta alla consapevolezza di quanto spazio occupano in ogni momento.
Anche se fanno passi lunghi per muoversi in fretta sono consapevoli della quantità esatta di spazio che il loro corpo occupa espandendosi e contraendosi.

 

Rifugio è la prima parola che mi viene in mente se penso al titolo Una casa è un corpo
Corpi che accolgono come case in cui riparare. Case che contengono come corpi in crescita.
Sulla copertina, scelta per l'edizione italiana da Racconti edizioni, ritroviamo due corpi, che sembrano quasi librarsi in aria, stretti in un abbraccio accogliente (illustrazione di Elisa Talentino).
L'autrice Shruti Swamy, già apparsa con i suoi racconti su The Paris Review e su McSweeney's, in questo libro tradotto da Eva Kampmann, racconta la volatilità delle relazioni e di quello che si lasciano dietro. Solo il corpo rimane stoico con le sue ferite e con i gesti a dominare gli spazi. I racconti sono brevi, la struttura non è mai ripetitiva e le storie tutte diverse tra loro sono istantanee del caos che bisogna attraversare per diventare un essere umano.
Il caldo, il sudore e la stanchezza elementi ricorsivi a sottolineare la fatica della vulnerabilità, di quell'esatto momento in cui cade la maschera e si resta scoperti alle prese con il proprio dolore o il proprio desiderio.
In Cecità il sogno diventa l'unica alternativa in cui rifugiarsi per una donna appena lasciata dal marito perché depressa. Una rottura crudele consumata in maniera silenziosa. Il racconto si apre con la suggestiva festa per le nozze. Sidha, la sposa, viene preparata dalle donne della famiglia che con mani amorevoli le cospargono di curcuma tutto il corpo. La madre che la lava nel latte come faceva quando era ancora una bambina. E poi momenti di vita matrimoniale e ricordi di loro due bambini si alternano veloce. Quando arriva la depressione e lo strappo tra Sidha e il marito il racconto rallenta per poi riprendere ritmo con i sogni che la vanno a trovare ogni notte. Sono sogni in cui Sidha cerca protezione anche se non sono felici.
Mio fratello racconta di una donna incinta attraversa la città per seguire il fratello che non vede da anni. Un fratello amato ma allontanato dalla famiglia perché vedeva i morti. Trovarsi davanti un adulto sconosciuto e ritrovarne i familiari lineamenti infantili. Notare differenze e somiglianze, ad esempio, in una camminata, nella posa della mani o nel modo di dimenare i piedi. Una tenerezza muta e distante. 
Nel racconto La casa è un corpo, che dà il titolo alla raccolta, un incendio è alle porte. Bisognerebbe evacuare la casa ma la donna che la abita sembra non riuscire a decidere quali siano le cose importanti. La sua bambina è a letto con la febbre, suo marito è andato via e probabilmente non ritornerà più. Che cosa fare prima di abbandonare la casa? Prendersi cura di sua figlia, misurarle la febbre, darle delle medicine oppure mettere in salvo le cose da portare via? Sua figlia da grande sarà più felice di avere ricordi attraverso le foto o bellezza con i gioielli di famiglia? Un vortice di domande che immobilizza mentre il fuoco avanza.
E poi Piaceri terreni in cui una donna dedita all'alcol e alla sua arte incontra Krishna. Nasce in modo inaspettato una storia d'amore segreta e intensa:

 

La voglia di Krishna, il gin, il gin, la faccia di mia madre quando cucinava. I polsi sottili di Krishna. Il mio quadro, le faccine, gli occhietti. Il gin. Il primo sorso di gin della mia vita, a tredici anni, lo risputai sul pavimento della cucina. L’odore dell’alcol è simile a quello dei colori. Colore coincide quasi con la parola dolore, e le braccia ti fanno davvero male dopo un po’, anche i polsi. I suoi, di polsi, sembravano così delicati che avrebbero potuto spezzarsi in due.

 

Il desiderio in alcuni racconti è inopportuno ma liberatorio come a dire che il corpo non mente e sa sempre qual è la strada per la salvezza. Avviene nel racconto In lutto dove un uomo appena rimasto vedovo e sua cognata, arrivata per aiutarlo con sua figlia neonata, si concedono un momento di passione violenta. Oppure in Una composizione semplice dove una moglie taciturna e sola, trasferitasi in Germania per il lavoro del marito, ha la conferma della meschinità del Professore per cui il marito fatica giorno e notte, dopo averci fatto sesso nel suo ufficio. Selvaggio, istintivo come la donna forse non è mai stata. E poi ancora in Tempo di matrimoni dove la vacanza in India termina con loro due strette a fare l'amore orgogliosamente consapevoli delle regole culturali che stanno infrangendo.
I dodici racconti della raccolta di Shruti Swamy, ambientati tra l'India e l'America, hanno per protagoniste le donne e le loro identità. Il discrimine tra quello che sentono di essere e la percezione che ne hanno le persone che le circondano. In mezzo i loro corpi che non mentono e segnano ogni singolo momento vissuto, detestato e desiderato. Il dolore, il desiderio e la confusione sono esposti, a chi sa vederli, sui corpi. Mappe dei loro stati d'animo si propagano su gambe, braccia, e volti. Prendono vita nel modo in cui gesticolano, nel peso che spostano sulle gambe camminando, nel modo in cui sono seduti e in quello in cui dormono. Le pressioni sociali peso invisibile ma ingombrante che si portano sulle spalle per cui spesso sono portati a sbandare in direzioni che forse non gli appartengono. Eppure in ogni storia si svela un attimo di bellezza, un momento piccolo e intimo che fa venire voglia di andare avanti.
Un corpo che muta nel tempo. Si muove nello spazio. Smania nell'incertezza. Abbraccia per riconoscimento. Irrigidisce nella paura. Ascolta per sopravvivenza.
Corpi che sono difficili da abitare ma anche da cui è impossibile separarsi. In questa indecisione dell'anima il corpo si fa portatore di paure, relazioni, felicità e ambizioni. Spesso anticipando decisioni e azioni a lungo ragionate. E se quel che ti resta è quel che hai forse, allora, il corpo, tra tutte, è l'unica cosa davvero nostra. Appiglio e rifugio in qualsiasi situazione.