Il serpente d'acqua, di Lev Tolstoj

Ortica Editrice porta in libreria Racconti animali di Lev Tolstoj, tradotto da Angelo Treves.
Favole e brevi racconti dedicate agli animali e al nostro rapporto con loro rivolte anche ad un pubblico di giovani lettori. Osservazioni descrizioni e considerazioni reali o immaginarie che ci conducono nei territori del meraviglioso mondo animale. Alcune delle favole sono adattate da Esopo, altre da La Fontaine, altre provengono da fonti arabe o indiane. Tolstoj desiderava che i suoi scritti raggiungessero direttamente l'anima del popolo e dei semplici e che formassero le nuove generazioni ad un'etica della fiducia e della generosità. Commosso da tutte le manifestazioni della vita e della natura, in particolar modo degli animali, Tolstoj cerca di trasmettere ai suoi giovani discepoli il rispetto verso tutti gli esseri viventi.

Cattedrale propone uno dei racconti contenuti nel testo, per gentile concessione dell’editore.

Il serpente d’acqua
di Lev Tolstoj

Una donna aveva una figlia, chiamata Marietta. Un giorno, Marietta andò a bagnarsi nel fiume con le sue amiche. Le ragazze si tolsero le camicie, le lasciarono sulla riva e saltarono in acqua.
Una grossa lucertola strisciò fuori dall’acqua, si arrotolò in forma di palla e si coricò sulla camicia di Marietta. Le ragazze uscirono dall’acqua, rimisero le camicie e tornarono a casa di corsa. Quando Marietta andò per prendere la sua, vide sopra il serpente; prese un bastone e tentò di scacciarlo. Ma questo alzò la testa, fischiò dolcemente, e mormorò queste umane parole.
— Marietta, Marietta, prometti di sposarmi.
Marietta pianse e disse: — Prima rendimi la mia camicia, poi sarò pronta a tutto.
— Mi prenderai per marito?
Marietta disse: — Ti sposerò.
Il serpente, immediatamente, abbandonò la camicia e sparì nell’acqua.
Marietta rimise la camicia e corse a casa.
Come vi giunse, disse a sua madre: — Mamma, un enorme serpente era coricato sulla mia camicia, mi disse: Sposami, altrimenti non riavrai la tua camicia. Ed io ho dato la mia parola.
La madre rise dicendo: — Avrai sognato, figlia mia. Una settimana dopo, ecco che una banda di serpenti giunse strisciando fino alla casa di Marietta.
Quando Marietta li vide avvicinarsi, ebbe paura e disse: — Mamma, ecco i serpenti: vengono a prendermi. La madre dapprima non volle credere, ma quando ebbe visto, provò anche lei una gran paura; chiuse la porta d’entrata e quella della camera. I rettili si ritirarono. Formarono un grosso pacco avvinghiandosi fra loro, rotolarono in una sola massa verso la casa e, come un’enorme palla, con un solo balzo vennero ad urtare la finestra. L’urto ruppe i vetri: i serpenti caddero sul pavimento, strisciarono sul banco, sui tavoli, fin sulla stufa. Marietta s’era nascosta in un angolo dietro la stufa; ma i serpenti la scoprirono, la trassero fuori e la trascinarono fino al fiume. La madre, tutta in lacrime, gli corse dietro, ma non li poté raggiungere. I serpenti si gettarono in acqua, trascinando con loro Marietta.
La madre credette che Marietta fosse morta, e la pianse.
Un giorno, la madre di Marietta era seduta presso la finestra e guardava dalla strada, quando ad tratto vide Marietta che veniva verso di lei, tenendo per mano un bambino e fra le braccia una bambina. La madre si rallegrò molto e abbracciò sua figlia: — Dove vivi, le chiese, e di chi sono questi bambini?
Marietta rispose che erano suoi, che il serpente l’aveva sposata e che essi vivevano nel più profondo del regno delle acque. — Vi si vive bene?, domandò la madre.
E la figlia rispose che vi si viveva meglio che sulla terra.
La madre pregò la figlia di restare con lei, ma la figlia non acconsentì. Disse di aver promesso a suo marito di tornare.
Allora la madre le domandò: — E come farai a tornare a casa tua?
— Andrò al fiume, griderò: Jo! Jo! esci dall’acqua! vieni qui! vieni a prendermi!; egli striscierà sulla sponda e mi prenderà con sé.
La madre rispose: — Bene. Ma resta almeno stanotte con me.
Marietta andò a letto e s’addormentò. La madre prese una scure e andò al fiume.
Giunta in riva all’acqua gridò: «Jo! Jo! esci dall’acqua! vieni qui!».
Il serpente mise la testa fuori dall’acqua per arrampicarsi sulla sponda. La madre gli assestò un colpo con la scure e gli tagliò la testa. L’acqua divenne tutta rossa di sangue.
La madre tornò a casa. La figlia si svegliò e disse: — Voglio tornare a casa mia: comincio ad annoiarmi.
E Marietta partì, tenendo il bambino per la mano e la bambina fra le braccia.
Quando fu sulla sponda, gridò: «Jo! Jo!, esci, vieni da me!». Ma nulla uscì dall’acqua.
Guardò il fiume e vide che era rosso e che una testa di serpente galleggiava sull’acqua.
Allora Marietta baciò suo figlio, e baciò sua figlia dicendo: — Voi non avete più padre, voi non avrete più madre. Tu, piccina, diventa la rondinella che si libra sulle acque; e tu, mio piccino, diventa l’usignuolo che canta all’alba la sua canzone. Io, sarò il cuculo, il cui monotono lamento piange la perdita del suo compagno.
E si separarono. Ciascuno prese il volo, ciascuno partì nella propria direzione.