Premio Settembrini a Furio Bordon: un racconto

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Furio Bordon ha vinto il 54° Premio Settembrini con Stanze di Famiglia, Garzanti.

Cattedrale pubblica un estratto di uno dei racconti, per gentile concessione dell'editore.

«Un’opera di acre bellezza, alla quale in nessun modo è possibile rimanere insensibili.»
«El País»

«Nessun sentimentalismo, ma solo la verità del quotidiano.»
«Le Monde»

«Un intelligentissimo connubio tra ironia ed emozione.»
«Le Soir»

«Ci sono cose laceranti e c’è il coraggio della delicatezza.»
«la Repubblica»

«Memorabile. Di una sincerità terribile e commovente.»
«El Mundo»

Stanza della madre
è demente, non sa quel che dice

Non scriverò bene. Non limerò le frasi né mi dilungherò in descrizioni. Ci sono queste voci da inseguire. Loro non si fermano per mettersi in posa, non rallentano. Esigono che le registri in fretta e corrono avanti. E dunque cominciamo subito. Ci sei tu, naturalmente. Età? Settanta, anno più anno meno. Il tuo aspetto? Grasso, magro, non importa. Ciò che conta è che sembri un bambino avvizzito. Sei accanto al letto di una vecchia signora, hai sollevato il lenzuolo e le osservi il ventre. Lei è tua madre, ma la chiameremo «la vecchia signora», o più semplicemente «la vecchia», perché c’è un’altra donna qui dentro, che ti sta guardando, e anche lei è tua madre. E così la chiameremo. Ha quarant’anni, è bella ed elegante. Accanto a lei c’è un uomo, ha la sua stessa età ed è anche lui elegante nel suo trench inglese appoggiato con negligenza sulle spalle. È tuo padre. È morto tanti anni fa, di infarto. Questo per il momento basta. Andiamo avanti. «Ti sei bagnata un’altra volta!» dici alla vecchia signora.
«Io…?» Si è bagnata, ma non se n’è accorta.
«E chi se no? Io?»
«Ti sei bagnato?» L’idea sembra divertirla.
«Non io. Tu! Tu ti sei bagnata.»
«Sei sicuro?»
«Sì.»
«Hai provato a toccare?»
«Non mi va di toccare.» «Non ho il pannolone?»
«Certo che ce l’hai. Te lo ha cambiato Luisa dieci minuti fa.»
«Me lo può cambiare di nuovo.»
«È andata via. Torna domattina.»
«Perché è andata via?»
«Va via sempre a quest’ora. Torna la mattina e ti cambia il pannolone della notte. Ma tu adesso lo hai già bagnato.»
 «Perché, è già notte?»
«Tra un poco sì.»
«Non si può cambiare lo stesso?»
«E chi te lo cambia?»
«Luisa.»
«Luisa è andata via.»
«Perché?»
«Perché aveva finito il suo turno.»
«Allora può cambiarmelo lei.»
«No, perché non c’è.»
«Quando torna?»
«Domattina.»
«E non può cambiarmelo adesso?»
«No.»
«Perché no?»
«Perché non è qui.»
«E allora chi me lo cambia?»
«Fino a domattina, nessuno.»
La vecchia signora riflette per qualche istante. «Tu no…?»
«No. Io no.»
«Perché tu no?»
È la voce di tua madre. Ti volti a guardarla. «Chi me li cambiava i pannolini quando ero piccolo?» le domandi.
«Questo cosa c’entra?»
«Me li cambiavi tu?»
«Te li cambiavo io», dice tuo padre. «Quando io non c’ero, lo faceva tua madre.»
«Perché non lo facevi tu?» le domandi ancora.
«Tuo padre era più bravo. Lui è sempre stato bravo in queste cose. Ha sempre avuto una gran manualità.» «Bisogna avere un talento particolare per cambiare un pannolino?»
«A lei non piaceva farlo», interviene tuo padre. «A me invece non dava alcun fastidio. Anzi, mi facevi ridere con quelle gambette per aria. E poi, quando ti sentivi asciutto, mi regalavi un bel sorriso.»
«A me non ha mai sorriso», gli dice tua madre. «Con me non faceva che strillare.»
«È per questo che non ti piaceva farlo?» le domandi.
«Anche per questo.»
«E cos’altro?»
«Eri piuttosto maleodorante.»
«Come tutti i bambini, immagino.»
«Non lo so. Non ho mai fatto la prova con altri bambini. Mi bastavi tu.»
«Soffriva di intestino», dice tuo padre. «Non era colpa sua.»
«Vedi che buon papà. Sempre pronto a difenderti. Comunque eri davvero un puzzone.» Indichi il letto con la vecchia signora.
«E tu là, adesso, pensi di profumare?»
«Temo di no.» «E allora?»
«E allora ognuno si comporta come gli pare. Se non ti va, non farlo.»
«Chi mi cambia il pannolone?» È di nuovo la vecchia signora. Guardando fisso tua madre: «Nessuno».
«E io come faccio?»
«Aspetti domattina.»
«Tuo padre me lo avrebbe cambiato.»
«Sì, lui sì.»
«Era meglio se morivi tu.»
«È andata così, che ci vuoi fare.»
«No, era meglio se morivo io.»
«Be’, siamo vivi tutti e due e dobbiamo sopportarci.»
«Sono tutta bagnata.»
«Fra un po’ ti asciughi.»
«Mi verrà il raffreddore.»
«Non c’è pericolo. Fa caldo.»
«Sei cattivo.»
Ti rivolgi a tuo padre: «Sono cattivo?».
«No.»
A tua madre: «Sono cattivo?».
«No, sei solo un po’ meschino.»
«Ho freddo», si lamenta la vecchia signora.
«Non puoi avere freddo. Fa caldo.»
«Povera me.»
«Poveri tutti!»
«Pensi di stare peggio di lei?» ti domanda tua madre.
«Si muove appena, è quasi cieca, deve chiedere aiuto per ogni piccolo gesto. Ha il cervello infestato di allucinazioni che la riempiono d’angoscia. E quando è lucida, i rari momenti in cui è lucida, capisce che la realtà è più dura delle sue allucinazioni. Stai peggio di lei?»
Rimani in silenzio. «Posso chiederti una cosa?» È la voce della vecchia signora. Incerta, quasi timida. «Dimmi.»
«Pensi che morirò presto?»
La guardi smarrito.
«Non mi rispondi?»
«È una domanda che potremmo farci tutti. E per nessuno esiste la risposta.»
«Non ho capito. Vuol dire che morirò presto?»
«Raccontale una bugia!» dice tua madre. «È questo che ti chiede.»
«Puoi vivere ancora molti anni.»
«Ma sono malata…»
«Sei solo molto anziana.»
«È vero. Dio mio, come sono vecchia! Quanti anni ho? Novanta?»
«Novantatré.»
«Novantatré…! Sei sicuro?»
«Sì.»
«Sono tanti.»
«Sì.»
«Però mi piacerebbe vivere ancora un poco.»
Ti giri di scatto verso tua madre. «Per fare cosa? Per passare un’intera giornata a piegare in quattro un fazzoletto? O a contare le tue bottiglie di acqua di violetta?»
«È sempre vivere», ti risponde.

2016, Garzanti S.r.l., Milano
Tutti i diritti riservati.

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