Come si scrive un incipit d’impatto? Ce lo insegna Anton Čechov. In che modo si può tenere alta la tensione narrativa? Basta chiederlo a Jack London. Come si costruisce un colpo di scena perfetto? La risposta la dà Aleksandr Puškin. Se lette nel modo giusto, le opere dei grandi scrittori rappresentano una fonte inesauribile di idee, stimoli e strumenti per imparare a scrivere. Guido Conti – di cui abbiamo analizzato i lavori sulla lettura e la scrittura di racconti classici anche qui– raccoglie in questo volume i racconti di alcuni tra i massimi esponenti della letteratura mondiale, per svelarci le tecniche che rendono uniche le loro opere: il modo di impostare la trama, l’impiego di uno specifico punto di vista, l’equilibrio tra detto e non detto, la scelta dello stile, i trucchi per rielaborare un’idea, e la distribuzione di tutti questi ingredienti a seconda dei diversi generi letterari. Un manuale fuori dagli schemi, per apprendere dai più grandi i segreti della scrittura. Dal 17 Novembre in libreria, per Rizzoli.
Pubblichiamo un estratto dal secondo capitolo del libro: L'apertura, in cui Guido Conti analizza alcuni racconti di Anton Čechov. Ringraziamo l'editore e l'autore. Tutti i diritti sono riservati.
Proviamo a concentrarci su alcuni dei suoi attacchi più riusciti, analizzandoli attraverso i loro elementi comuni.
1) Spesso lo scrittore russo inizia con un’indicazione temporale molto precisa, quasi una didascalia, seguita da una breve descrizione. In tali casi, solo alla fine della frase o del paragrafo pone il protagonista al centro dell’azione. Rileggiamo l’incipit di Angoscia: «Crepuscolo serale. A grosse falde la neve bagnata turbina pigramente intorno ai lampioni appena accesi e si depone in lieve, morbido strato sui tetti, i dorsi dei cavalli, le spalle, i berretti. Il vetturino Iona Potapov è tutto bianco come un fantasma». Ma questo è solo uno dei molti esempi possibili.
«Andava annottando. Il segretario Savelij Gykin se ne stava coricato nella portineria della chiesa sull’enorme letto e non dormiva, sebbene avesse sempre l’abitudine di addormentarsi all’ora stessa delle galline», da La strega.
«Un limpido meriggio invernale... Il gelo compatto scricchiola, e a Nadèn’ka, che mi tiene a braccetto, si coprono d’una brina argentea i riccioli delle tempie e la peluria sopra il labbro superiore», da Uno scherzetto.
«È notte. La piccola bambinaia Ver’ka, una ragazzetta sui tredici anni, sta dondolando una culla in cui giace un bimbo e in modo appena udibile canticchia», da Voglia di dormire.
2) Un’altra tecnica usata da Čechov consiste nell’attaccare definendo immediatamente il luogo dove si svolgerà l’azione.
«Alla stazione della ferrovia di Nikolaev s’incontrarono due amici: uno grasso e l’altro smilzo», da Il grasso e lo smilzo.
«Nel cortile dell’ospedale sorge un piccolo padiglione, circondato da tutto un bosco di lappole, ortiche e canapa selvatica», da Il reparto n. 6.
«L’ospedale provinciale. In assenza del dottore, che è partito per prender moglie, riceve i malati l’aiuto medico Kuriatin, un uomo grasso, sui quaranta, in giacchetta lisa di seta greggia, e calzoni frusti di tessuto a maglia», da Chirurgia.
«Attraverso la piazza del mercato va il commissario rionale di polizia Ocumelov in cappotto nuovo e con un fagottino in mano», da Il camaleonte.
3) Talvolta, però, l’autore mette subito in scena il protagonista. Anche in questo caso, come nei precedenti, Čechov sa cogliere un particolare che incuriosisca il lettore.
«Al Maggiore generale a riposo Buldeev avevano preso a dolere i denti», da Un cognome cavallino.
«Il tornitore Grigorij Petròv, da gran tempo noto come magnifico mastro artigiano e, al tempo stesso, come il contadino più sregolato di tutto il comune di Gàl’cino, porta la sua vecchia, inferma, all’ospedale provinciale», da Crucci.
«La seducentissima Vanda o, come si chiamava sul passaporto, la cittadina emerita Nastàs’ja Kanavkin, dimessa dall’ospedale, si trovò in una condizione in cui prima non era mia stata: senz’asilo e senza un soldo. Come fare? », da Un uomo di conoscenza.
4) Seguendo la sua innata vocazione per il teatro, inoltre, Čechov inizia molti racconti con una battuta di dialogo, creando una forte tensione drammatica.
«“Ascoltate carissimo!” disse gettandosi sul padrone rossa di rabbia l’inquilina del numero 47, la colonnella Našatyrina», da Camere d’albergo.
«“Ehi! Tu, individuo!” gridò un signore grasso, bianco di corpo, intravedendo nella nebbia del vapore un uomo alto e magro, dalla barbetta rada e con una gran croce di rame sul petto. “Aumenta il vapore!”», da Ai bagni pubblici.
«“Signori, si è alzato il vento e già comincia a imbrunire. Non è il caso di andarcene finché siamo in tempo?”», da Al cimitero.
Già da questi pochi esempi si può subito intuire come Čechov usi una strumentazione essenziale, per certi aspetti povera, ma fortemente significativa. Basta un aggettivo o una situazione particolare per mettere in moto il racconto, suscitando così la nostra curiosità. Come mai la «seducentissima» Vanda è finita all’ospedale? E come farà a cavarsela? Quale malattia avrà la vecchia mamma del tornitore Grigorij Petròv? Cosa conterrà il fagottino del commissario di polizia? L’autore definisce con pochi cenni, già dal primo paragrafo, tempo, luogo e protagonista del racconto, creando un’attesa che spinge il lettore ad andare avanti. È una sua peculiarità stilistica ben precisa.
In generale, possiamo dire che Čechov ha fatto della reticenza, del non detto, il punto di forza della propria arte narrativa; una caratteristica che nasce, appunto, dal saper cogliere ciò che e essenziale nel vasto mare di ciò che è transitorio.
* Le citazioni dei racconti sono tratte tutte dal volume A. Čechov, Racconti, a cura di Eridano Bazzarelli, Bur, Milano 2015, eccetto quelle di Nervi scossi, Filastrocca, Malumore,Camera d’albergo, Ai bagni pubblici e Al cimitero, tratte dal volume A. Čechov, Racconti e teatro, Sansoni, Firenze 1966.