Autore: Thom Jones
Titolo: Il treno notturno
Traduzione: Martina Testa
Editore: minimum fax
pp. 483 Euro 19,00
di Fabrizia Gagliardi
«E ricordati sempre: sei tu il centro dell’universo e loro sono i tuoi satelliti. Se questo lo tieni bene a mente, ogni traguardo è alla tua portata.» Sembra quasi il consiglio di uno di quei manuali di auto-aiuto: un inno al benessere interiore per sprigionare la propria energia. Solo che il cambiamento richiede una buona dose di fortuna insieme alla sanità mentale minima per aprirsi a nuovi mondi. Non ci vuole molto per scoprire che la legge di gravità che attrae i personaggi di Thom Jones alla vita può solo risolversi nello spettacolo di una supernova che ingloba se stessa nello spazio più profondo.
Non si salverà neanche l’autore delle righe iniziali: un artistoide, aspirante sceneggiatore e scrittore, alle prese con un’inconscia dipendenza affettiva. In Passa un buon Natale leggeremo solo la sequenza di mail il cui destinatario sarà oscuro, ma che rendono al meglio la parabola discendente descritta quasi sempre dalle figure delle storie di Thom Jones. L’impatto è simile a una landa desolata dimenticata da dio in cui visitare la speranza a intermittenza, mentre s’innalza un coro allucinatorio di Dramamina, Valium, Xanax, Stelazina, Librium, Tuinal, una sequela di anestetizzanti della realtà.
Il viaggio nelle debolezze umane e della loro umile ammissione attraversa l’intera opera di Jones che ora è possibile recuperare grazie a Il treno notturno, preziosa raccolta tradotta da Martina Testa. Minimum fax ha ripubblicato in un’unica antologia i migliori racconti dell’autore americano (Il pugile a riposo, Sonny Liston era mio amico e Ondata di freddo) aggiungendovi sette inediti.
L’animo umano non è mai monolitico nella disperazione e passa per uno spettro visibile di peripezie fisiche e mentali che lo fanno confrontare sempre col proprio corpo, con le aspettative, le speranze pregresse e la disillusione per quelle che si rivelano le reali possibilità. Iniziando proprio da Il pugile a riposo, la storia più celebre che apre la raccolta, ci renderemo conto che la cronaca di un veterano del Vietnam non rispetta nessuna delle regole tipiche di un racconto. Il sismografo temporale che muove passato e presente aderisce perfettamente all’instabilità mentale in cui un eterno qui e ora ha tracciato ferite più profonde di ricordi piacevoli («Nella mia anima c’era un serbatoio di malizia, veleno e perverso sadismo che nelle giungle e nelle risaie del Vietnam si riversarono all’esterno liberamente»). Anche Joyce Carol Oates sul New Yorker aveva ricordato che Thom Jones «fa cose audaci con una struttura narrativa che i corsi di scrittura insegnano a evitare».
L’estrema aderenza al reale combacia con l’incoerenza di una narrazione determinata da psicofarmaci o dal ritmo di un’associazione di pensieri. Tutto colloca i protagonisti in una precisione letterale spietata che però rivela tutta l’umiltà di chi ha imparato a convivere con i propri demoni. In poche pagine leggeremo di una clinica psichiatrica militare per reduci con i suoi personaggi allucinatori ne Le luci nere; ci lasceremo andare alla terrificante tenerezza di Voglio vivere, il racconto in prima persona della malattia terminale di una donna e del suo rapporto col genero; in Cavallo bianco recupereremo la memoria con Ad Magic, un pubblicitario di successo, che si ritrova a Bombay mentre si preoccupa di curare un cavallo avvistato sulla spiaggia.
I personaggi di Thom Jones sono il negativo della norma: i momenti di blackout sono quelli più dolorosi e lucidi, i muscoli emotivi tornano al loro posto e il torpore che li aveva isolati dalla realtà sparisce. In Voglio un uomo che mi ami tutta la forza di una donna costretta a vita sulla sedia a rotelle si disintegra dopo il racconto di una relazione clandestina:
Lei sapeva cosa voleva dire cadere nell’oscurità interiore della coscienza. Implodere ogni notte e tornare a esistere ogni mattina come un’infelicità ricostruita pezzo per pezzo. Tornare strisciando nella cella diurna di quel corpo minuscolo e sempre più appassito. Sapeva tutto dei buchi neri dell’anima. Conosceva bene le prigioni, gli orologi e i calendari. Conosceva singoli secondi strazianti che duravano come mesi interi di domeniche.
La corruzione è l’unico modo per conoscere il mondo ed esula da ogni divisione tra giusto o sbagliato. Persino i riferimenti alla religione, più volte citata nei racconti, sono una dichiarazione ideologica e non una mera casualità esistenziale («Ci si poteva comportare in un certo modo per il semplice motivo che era umano farlo, che l’amore era una tendenza più nobilitante dell’odio»). Appare chiaro che ogni possibile controllo morale dell’autore è annullato dal naturale susseguirsi delle vicende. Non ha senso chiedersi dove stanno andando gli uomini e le donne di Jones, ma come riusciranno ad arrivare ai barlumi di giustizia che solo l’esperienza più cruda è in grado di dargli.
Conoscendo la vita di Thom Jones riesce difficile pensare che il suo intento fosse impartire lezioni. Solo da una storia personale vissuta altrettanto intensamente scaturisce una conoscenza viscerale del fondo e dei modi per risalire.
Durante l’infanzia suo padre viene internato in un istituto psichiatrico dove morirà impiccandosi senza più vedere il figlio. Avrà fatto in tempo a trasmettergli la passione per la boxe, ma la carriera di Jones tra i pesi medi non dura molto: arruolato come marine per il Vietnam subisce un trauma cranico durante un incontro dilettantistico a Camp Pendleton. Non andrà mai in guerra perché un danno al lobo temporale gli causerà schizofrenia ed epilessia. Dopo il ritorno a casa e un Master in Fine Arts all’Università dell’Iowa diventerà copywriter pubblicitario. Sarà dopo una disintossicazione da alcolismo e abuso di farmaci che intraprenderà la carriera di bidello e la sua formazione letteraria potrà compiersi.
«Non ero bravo in niente, non ho mai avuto un lavoro che mi piacesse, ma c'erano libri e scrittori che essenzialmente mi hanno salvato la vita, mi hanno fatto andare avanti». Diecimila libri gli sono sufficienti per sviluppare «una sorta di integrazione psicologica insieme a una forma di pace». Così, per credere davvero alla missione salvifica della letteratura abbiamo bisogno di sapere che quel miracolo si è compiuto prima col suo autore. Solo a quel punto reduci in crisi, personalità borderline, malati e schizofrenici ci sembreranno gli unici a far intravedere la speranza anche dove non c’era.