di Debora Lambruschini
La scrittura si nutre di ossessioni. Le ossessioni di Shirley Jackson, maestra del gotico americano, si trasformano in pagine di rara meraviglia letteraria. La casa e l’ambiente domestico che può essere rifugio o maledizione, l’elemento soprannaturale, il sospetto e la paura, l’emarginazione, la profondità psicologica dei personaggi, il mistero non sempre pienamente svelato, sono alcuni tra gli elementi fondanti della produzione letteraria di Jackson, di cui ogni pagina è intrisa ma sempre declinati in formule ed esiti differenti. Ecco, è Jackson stessa per una nuova generazione di lettori, la vera ossessione. Questa scrittrice schiva, questa donna che solo in quelle due ore rubate alla vita famigliare, davanti alla macchina da scrivere, ritrovava se stessa. Demoni da tenere a bada, tormenti da trasformare in storie, Jackson ha saputo infrangere stereotipi e portare il gotico, la narrazione dell’orrore, la fiaba, allo stato letterario, impresa che solo a pochi riesce davvero. Una produzione letteraria piuttosto nutrita, cui adesso Adelphi aggiunge un importantissimo tassello nella ricostruzione bibliografica, un primo volume di racconti che si completerà con la pubblicazione di tutta la produzione breve di Jackson. La storia editoriale di questi scritti vale già una narrazione: decenni dopo la scomparsa della scrittrice, in un fienile del Vermont viene ritrovato uno scatolone contenente pagine e pagine di racconti e recapitato senza particolari spiegazioni o enfasi ai figli dell’autrice; ne scaturisce un’attenta ricerca e la scoperta di un corpus letterario ben più vasto di quanto ci si sarebbe aspettati, conservato alla Library of Congress di Washington e alla San Francisco Public Library. Trent’anni dopo la prematura scomparsa di Shirley Jackson, c’era materiale sufficiente non soltanto per mettere insieme un volume inedito, ma per aggiungere una tessera fondamentale nella lettura di questa autrice.
La luna di miele di Mrs Smith, curati da Laurence Jackson Hyman e Sarah Hyman, per la traduzione della scrittrice Simona Vinci, comprende testi inediti, alcuni dei quali apparsi su rivista e altri mai pubblicati prima ma, soprattutto, rende perfettamente l’idea della vivace creatività di Jackson, la sua versatilità, le molteplici declinazioni del proprio sentimento letterario.
Accanto a temi e alle modalità narrative ricorrenti nella sua produzione, troviamo infatti racconti profondamente diversi da quanto riconosciamo come tipico dell’autrice: a colpire il lettore è l’ironia, la leggerezza di certe scene, le incursioni nel privato famigliare, gli sketch, un mosaico ricchissimo di forme, tono, punti di vista. A osservare attentamente, tuttavia, la vivace creatività di Jackson non dovrebbe sorprenderci: dentro ogni storia che conosciamo, dentro ogni incubo narrato o, all’opposto, ogni scena umoristica, c’è sempre lei, che cesella le parole con cura artigianale, che si addentra nelle pieghe della psiche umana con un’attenta accoglienza.
Credo non esistano mezze misure con Jackson, la si odia o la si ama, e nel secondo caso è amore per tutta la vita. La luna di miele di Mrs Smith non è probabilmente il punto di partenza ideale per scoprire questa scrittrice, ma è senza dubbio un passaggio fondamentale per i suoi lettori. Dei numerosi racconti che compongono il volume, alcuni restano memorabili, a partire dalla duplice versione di quello scelto come titolo per la raccolta: una stessa storia, ma diametralmente opposta grazie a un dettaglio. Una novella sposa non più giovane, i preparativi per la luna di miele, il dubbio e le chiacchiere del paese: quello che sembra ben più di un semplice sospetto; la colpevolezza di Mr. Smith, pluriomicida, è solo un “dettaglio”, mentre la narrazione è tutta costruita nella consapevolezza o nel dubbio della nuova moglie e nella sua reazione.
Ai loro occhi lei era diversa, segnata; se quell'atroce vicenda non era vera (e tutti speravano che lo fosse), lei si trovava in una posizione talmente imbarazzante da meritare ancora di più la loro sollecitudine. Se l'atroce vicenda era vera (e tutti speravano che lo fosse), nessuno di loro - la bibliotecaria, il droghiere, i commessi, il farmacista - aveva vissuto invano, tutti potevano dire di aver provato la suprema eccitazione di essere stati vicinissimi a una situazione insostenibile, pur essendone al riparo. Se l'atroce vicenda era vera (ee tutti speravano che lo fosse), Mrs Smith rappresentava, per loro, la salvezza, un'eroina, una creatura fragile e amabile la cui tutela si trovava in mani che non erano le loro.
(da "La luna di miele di Mrs Smith" versione II)
Entrambe le versioni scritte da Jackson appaiono godibilissime, ricche di spunti, aprendosi a interpretazioni diverse. L’oscurità, i mostri, sono uomini e donne come tanti, le incursioni del soprannaturale sono una sorta di anomalia perché l’orrore più spaventoso è dentro gli esseri umani. E sono le crepe sulla facciata, la rottura dell’equilibrio, a rappresentare il punto di non ritorno, lo spiraglio da cui si intravede l’abisso di oscurità nei racconti più tradizionalmente riconducibili alla penna di Jackson.
Una rottura ancor più brutale perché inattesa, a spezzare l’armonia di una scena – domestica, matrimoniale, quotidiana – che solo in quel momento rivela la sua perfezione incosisteentee. Ecco, quel preciso momento di svelamento, le spaccature che si vanno formando, sono il centro nevralgico della narrazione, mentre il compimento dell’azione o la risoluzione del mistero non hanno corpo o importanza ed è per questo che Jackson ammalia i lettori con finali quasi mai pienamente espressi, risolutivi. Ci richiede uno sforzo, un altro ancora: la sospensione di ciò che siamo abituati a considerare reale, l’accettazione di un mondo popolato di diavoli o dove l’oscurità erompe nel quotidiano senza apparente motivo. Soprattutto, ci chiede di colmare gli spazi bianchi della narrazione, di addentrarci in questo mondo di ombre, o sorridere ironicamente di fronte a scene di nevrosi quotidiane che nascondono una più profonda riflessione su quel misto di armonia e oppressione che la vita domestica cela. «Sono una scrittrice?» si chiede più volte la protagonista di uno dei racconti – la stessa Jackson –, o sono “solo” una madre, una moglie, che per tornare a respirare ha bisogno di una fuga momentanea?
La violenza compare brutale ancor più perché inaspettata, così come l’orrore o la morte, accostata a gesti o situazioni di tenerezza e affetto: un uomo che si prende cura di una ragazza riversa in strada ubriaca, la leggerezza dei giochi d’infanzia, l’irrazionale a squarciare la pagina, il cambiamento, che porta alla follia.
Inizio a credere potremmo addentrarci in ogni pagina di Shirley Jackson, soppesarne ogni parola, indagare atmosfere e parti sommerse della narrazione, senza mai davvero riuscire a svelarne fino in fondo il mistero della scrittura.