Terrarossa porta in libreria Fare il possibile, di Claudio Bagnasco. Un libro che raccoglie schegge di esistenza, che possono essere lette come una biografia scomposta o come fulminei racconti percorsi da un medesimo sguardo, a volte ironico e irriverente, a volte malinconico e commosso.
Cattedrale vi propone due frammenti del testo, per gentile concessione dell’editore.
20 agosto 2012
Oppure quella volta che è nata mia figlia e nello stesso istante la Sampdoria ha fatto gol in trasferta contro il Barcellona, d’accordo che al Barcellona mancavano diversi giocatori titolari tra cui Leo Messi ma il Barcellona al Camp Nou è sempre il Barcellona al Camp Nou.
Si è giocato il 20 agosto 2012 davanti a cinquantacinquemila spettatori e con quel gol segnato da Roberto Soriano al secondo minuto, cioè alle 22:02, la Sampdoria ha vinto il Trofeo Gamper, e a questo punto vanno dette due cose.
La prima è che da anni, con la storia del gol di Soriano, baro di un minuto, perché mia figlia è nata alle 22:03, ma la coincidenza è troppo bella per lasciarsi intimidire dalla realtà.
La seconda è che mentre mia figlia stava per nascere rimbalzavo dal letto di Simona a una sedia messa lì accanto, da cui mandavo messaggi agli amici per chiedere notizie della partita, e immagino cosa mi si potrebbe dire, mi si potrebbe dire che non si fa il padre così, anzi che non ci si prepara così alla paternità (perché in effetti padre non lo ero ancora), e invece per me è proprio l’unico modo.
Non l’unico modo di affrontare la paternità, intendo l’unico modo di affrontare ogni cosa grande che mi succede, e che per quanto grande possa essere non credo che convenga accoglierla con chissà quali celebrazioni, perché in un niente le cose finiscono oppure entrano in relazione e si ridimensionano, non ho mai capito come facciano alcuni, molti, a essere completamente soddisfatti o felici di qualcosa, e sono poi gli stessi che sorridono in tutte le fotografie, e sono anche gli stessi secondo cui il mondo intero dovrebbe ammirare e accudire i loro figli, io subito dopo che è nata la mia, di figlia, e ha posato una mano su un seno di Simona nascondendo il mignolo sotto indice, medio e anulare ho creduto che avesse un dito in meno, e mi ha quasi rasserenato la scoperta di qualcosa di storto in quell’attimo di gioia così, poi mia figlia ha mosso la mano e il mignolo è comparso e mi è andata bene ugualmente, l’attimo di gioia estrema era stato neutralizzato dal dubbio del mignolo mancante e adesso potevo pure iniziare a fare il padre, alternando le gioie e le fatiche di qualunque genitore, qualunque tranne quelli che sorridono sempre nelle fotografie, loro hanno figli che inanellano un successo dopo l’altro sino alla fine, quando avere successo diventa arduo per chiunque, come dimostrano i funerali, dove nelle fotografie nessuno sorride.
23 giugno 2005
Oppure quella volta che Gianni mi ha detto: «Ce l’ho in tasca», e io: «Ma sul serio?», e lui: «Sul serio. E mi devi aiutare», e io: «Cioè?», e lui: «Ho paura di fare dei casini». Era una sera di giugno.
Tra noi amici il patto è sempre stato chiaro, tutto tranne l’eroina, ma Gianni aveva questa attrazione per il buio, ogni tanto provava anche a istigarmi, e io: «No, Gianni, la roba no», sino al giorno in cui se l’è comprata e mi ha messo in trappola.
«Comunque mi faccio lo stesso, con te o senza di te», aveva aggiunto, e io: «Ragioni già da tossico», e lui: «Può darsi».
Dieci minuti dopo ero con Gianni nella sua fiat Panda, l’ho guardato prepararsi la pera, quando mi ha detto di tenergli il braccio io gli ho domandato: «Perché?», e lui: «Per piacere, dai», allora gli ho stretto meglio il laccio emostatico, lui ha tolto l’aria dalla siringa, io gli ho posato una mano appena sotto la spalla e l’altra appena sopra il polso e mi è venuto da piangere, ma se avessi pianto avrei rischiato di tremare e combinare un guaio, seconda trappola, perciò mi sono morso il labbro inferiore e mi sono sforzato di rimanere immobile mentre Gianni si bucava, e poco dopo, quando mi ha detto che era bellissimo, gli ho chiesto se potevo andarmene, e lui: «Abbi pazienza un attimo», e così mi sono sistemato meglio sul sedile del passeggero e ho guardato fuori, dove il viola pulsava nel blu, come se la notte che stava per scendere portasse con sé la promessa dell’indomani.